Beyond Us di Daniele Pace, l’horror italiano che conquista l’America
Da Roma alla California. Tra i nomi premiati nel corso dell’ultima Los Angeles Horror Competition spicca quello di Daniele Pace, giovane regista romano alle prese con l’opera prima Beyond Us. La sua è la scommessa vinta di un cinema indipendente girato “a casa di un amico” e oggi proiettato sugli schermi di alcuni dei più importanti festival cinematografici americani. Una doppia sfida, se si pensa alla scelta di affidare il proprio esordio ad un genere insolito com’è oggi l’horror in Italia. Al centro della storia c’è Lisa (Nika Perrone, altro giovane talento) che lascia alle spalle la propria vita per prendersi cura della madre affetta da Alzheimer. La malattia, però, non sarà la sua unica preoccupazione. Presto infatti le due donne si troveranno a lottare contro un male sconosciuto e privo di pietà “In Beyond Us è facile riconoscersi e lasciarsi coinvolgere, per lo spettatore. Partendo da un filone di quotidianità, abbiamo sviluppato una storia drammatica che lentamente, minuto dopo minuto, arriva all’horror. Il difficile è stato garantire credibilità al racconto horror: in questo genere è facile perdersi per strada” racconta il regista, che abbiamo incontrato accanto al giovane sceneggiatore ventitreenne, Stefano De Luca.
Un pericolo scongiurato, a quanto pare dai risultati.
Daniele: Sì, grazie al grande lavoro di squadra fatto sul set, tutti giovani addetti ai lavori, oltre alle ottime musiche di Andrea Grant che hanno arricchito il tutto. Vincere il premio “Miglior regia” della Los Angeles Horror Competition è stata per noi un’emozione gratificante ed inaspettata. Siamo stati anche nominati al Los Angeles Independent Film Festival come miglior corto internazionale e in moltissimi altri festival in giro per il mondo. Personalmente a volte ancora stento a crederci.
Perché optare per un horror? Un esordio coraggioso…
D: Sia io che Stefano portiamo in Beyond Us esperienze familiari riguardati l’Alzheimer. La malattia aveva portato le nostre nonne a vedere e sentire cose non realmente esistenti. I nostri racconti reciproci ci colpirono. Erano drammatici ma inquietanti allo stesso tempo. Così li abbiamo trasposti in scrittura. La laurea in psicologia di Stefano ci ha aiutati a delineare un approccio alla tematica che fosse il più credibile possibile.
A questo si aggiunge un attento uso delle nuove tecnologie.
Stefano: Sin dalla fase di scrittura ci è parso chiaro che per alcune sequenze non sarebbe bastato il trucco con pennello. Nel corto, quindi, c’è un bel mix di trucco artigianale e lavoro al computer, anche se, sia per ragioni di stile che di budget, abbiamo optato molto per il trucco artigianale.
Difficoltà nel reperire il budget necessario?
S: Siamo una produzione indipendente e non è stata un’impresa facile, stante soprattutto il genere del film. Il budget ci ha posto dei limiti nei giorni di ripresa. Abbiamo corso come pazzi e a fine giornata eravamo stremati, ma ne è valsa la pena. Beyond Us nasce dai nostri risparmi prima di tutto. L’aiuto maggiore è arrivato dalle nostri madri, senza di loro niente sarebbe stato possibile.
Il capolavoro horror che vi ha più terrorizzati?
D: Penso al The Conjuring di James Wan. Nulla però mi ha rapito più de l’Esorcista di William Friedkin e Rosemary’s Baby di Roman Polański. Il terrore psicologico che si viene a creare in quei film, fotogramma dopo fotogramma, è sorprendente. Niente violenza esplicita, niente litri di sangue versati o gole tagliate, ma soprattutto stati veramente terrorizzanti.
S: Se parliamo di terrore puro concordo con Daniele su Wan, ma preferisco il primo Insidious. L’ho visto in anteprima all’Auditorium di Roma e sono uscito dalla sala pallido in volto. Quando ero più piccolo invece mi colpì il primo Nightmare, quello di Wes Craven: l’idea che un mostro perseguitasse in sogno con l’intento di uccidere mi sconvolse parecchio.
Sono questi i riferimenti cinematografici che possiamo intuire in Beyond Us?
D: Esattamente. La nostra ricchezza è poter integrare i due mondi generazionali diversi a cui apparteniamo. Ai già citati, c’è da aggiungere House Of The Devil di Ti West, una vera perla del genere ancora inedita in Italia.
In Italia esiste ancora il cinema di genere?
S: Non è del tutto assente. Per quanto sia ancora troppo presto per poter parlare di veri e propri film di genere italiani, ci sono regosto che si stanno facendo notare con grandi eccezioni. Penso a Gabriele Mainetti con Lo chiamavano Jeeg Robot o a Matteo Garrone ne Il racconto dei racconti, ed anche alla variegata filmografia dei Manetti Bros. Insomma, sul futuro sono ottimista, in questo senso.
D: A questi vorrei aggiungere In fondo al Bosco di Stefano Lodovichi, un ottimo inizio per tornare al cinema di genere in Italia.
E l’horror?
S: In Italia è assente da molto tempo. All’estero basterà pensare al nome del produttore Jason Blum e alla sua Blumhouse, vero successo di incassi e di critica.
Cosa rimproverare al cinema italiano?
D: Senza voler essere troppo critico o pessimista, credo che il cinema italiano abbia bisogno di rinnovamento, soprattutto dal punto di vista dei generi: l’action, la fantascienza, l’horror moderno così come vengono concepiti all’estero sono ancora lontani dalla nostra cultura cinematografica. Il pubblico dovrebbe essere meno duro col cinema di casa nostra, evitare la corsa alla critica quando si prova ad osare.
E i vostri progetti per il futuro?
D:Al momento siamo impegnati nella promozione di Beyond Us: negli Usa il primo trailer sta girando attraverso canali specializzati online e speriamo che avverrà lo stesso in Italia. Quanto ai prossimi progetti, in questi giorni stiamo già sviluppando un paio storie per il prossimo corto. Intanto abbiamo preso contatti con produttori interessati ad un eventuale lungometraggio, sempre sul genere horror o thriller.
In tempo di guerra si ha bisogno di horror?
S: Un film horror, se ben realizzato, permette di affrontare le nostre paure più profonde, analizzandole e liberandole. La paura è un’emozione fondamentale per la sopravvivenza ed è sbagliato sfuggirne. Se ben gestita, può rivelarsi utile nel quotidiano. Riconoscere la nostre paure, ammetterle e affrontarle può solo renderci più forti. Andare a vedere un horror al cinema con qualche amico è solo un modo divertente per farlo.
Credete nel soprannaturale?
D: Assolutamente sì!
S: No, ma rispetto chi ci crede.
Pagina ufficiale su Facebook: Beyond Us
Twitter autore @EvaElisabetta
Foto Credits: Daniele Pace