No Tav: il fatto non sussiste, De Luca assolto
Assolto perché il fatto non sussiste. Si conclude così il processo a Erri De Luca iniziato il 28 gennaio scorso presso il Tribunale di Torino. Lo scrittore è stato messo alla sbarra con l’accusa di istigazione a delinquere in relazione ad alcune dichiarazioni, rese nel 2013, a sostegno delle azioni di sabotaggio compiute da alcuni attivisti No Tav. In queste occasioni De Luca aveva affermato a più riprese la sua convinzione che l’alta velocità in Val di Susa andasse «intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell’aria e dell’acqua». La sentenza di assoluzione è stata accolta da un fragoroso applauso da parte dei numerosi attivisti No Tav presenti in aula a Torino.
Nelle dichiarazioni spontanee rese al mattino, nel ribadire la sua posizione nei confronti della Tav, lo scrittore aveva aggiunto che anche qualora non fosse stato lui l’imputato, sarebbe comunque stato presente in quel tribunale dove a suo dire «si sta compiendo un esperimento, un tentativo di mettere a tacere parole contrarie». Lo scrittore ha quindi detto di sentirsi «parte lesa» nei confronti «di ogni volontà di censura e ha poi aggiunto «sono in quest’aula per sapere se il capo d’accusa invaliderà l’articolo 21 della Costituzione. Ciò che è costituzionale si decide e difende in luoghi pubblici come questo, come le scuole, le prigioni, i luoghi di lavoro, le frontiere attraversate dai richiedenti asilo. Si decide al piano terra della società». Quanto alle accuse, De Luca sostiene di essere stato incriminato «per aver usato il termine sabotare», un termine da lui considerato «nobile, perché praticato da figure come Ghandi e Mandela, e democratico». Ha concluso dicendosi «disposto a subire la condanna penale» ma non a farsi «censurare o ridurre la lingua italiana». Molti gli intellettuali che si sono schierati al fianco dello scrittore divenuto ormai un’icona del movimento No Tav.
Il pm Antonio Rinaudo che aveva condotto le indagini, aveva chiesto per De Luca una condanna a otto mesi di reclusione con le attenuanti generiche perché «con la forza delle sue parole ha sicuramente incitato a commettere reati». La procura aveva agito in seguito alla denuncia presentata dalla Ltf, società italo-francese che si è occupata del progetto e delle opere preparatorie della Torino-Lione. «Rispettiamo la decisione del giudice, non ne faremo una battaglia campale, ma nei momenti di tensione sociale ci sono dei limiti che soprattutto gli intellettuali dovrebbero rispettare», questa la reazione dell’azienda affidata alle parole del legale Alberto Mittone.
@Fedefra85