Marino e l’incapacità di vincere del PD

Da ieri Ignazio Marino non è più Sindaco di Roma. In fondo Ignazio Marino Sindaco di Roma non lo è mai stato. L’allegro chirurgo genovese si è ritrovato in Campidoglio per sbaglio, per l’ennesimo errore di valutazione del PD che, tentando disperatamente di perdere le elezioni comunali, lo candidò come vittima sacrificale. Ma i dem non avevano calcolato (capirai che novità) che anche una figura inconsistente come Marino avrebbe potuto sconfiggere Alemanno.

Il piano era perdere e lasciare la città affogare in quella che avremmo successivamente conosciuto come “terra di mezzo”, in fondo gli affari si facevano anche stando all’opposizione e fare opposizione in Italia è una pacchia per il politico mediocre: basta dire no, evitare accuratamente di fare proposte che possano essere prese in considerazione, sedersi a tavola quando è il momento di spartire.

Ma mai fare i conti senza l’oste, contro Alemanno avrebbe vinto anche Paperino. I più attenti avevano percepito l’ascesa al potere di Carminati e i suoi che si respirava in città colpita da una escalation di violenza, mentre il cittadino medio aveva subito 5 anni di mal governo iniziati con i saluti romani il giorno dell’elezione e che toccò il suo “imo apice” con la gestione della nevicata del febbraio 2012. Per il sindaco spalatore le urne furono una catastrofe e il buon Marino divenne sindaco.

Ma il PD è un partito che gode nella sconfitta ed è incapace di gestire le vittorie, in piena coerenza con la sua linea politica degli ultimi anni (da Veltroni che sgambetta Prodi a Renzi che abbatte Letta) ha abbandonato l’allegro chirurgo al suo destino da subito. Marino privato dell’appoggio politico e mediatico della sinistra romana è stato costretto a fare da solo e smentendo l’antico adagio “meglio soli che male accompagnati” ha inanellato una figuraccia dietro l’altra. Nel goffo tentativo di far a meno del partito ha rincorso il favore popolare ma a Roma senza l’appoggio dei poteri forti e dei suoi giornali non è facile essere populisti, la Città Eterna ha troppe anime e la coperta finisce per essere sempre corta. Il Re era nudo e lo abbiamo tutti visto per quello che era.

Alla fine lo scivolone avviene sui conti, scandalo che segue a ruota l’imbucatio di Filadelfia. Paradossalmente la comica “era Marino” termina come se l’allegro chirurgo fosse un politico vero, travolto dalle spese gonfiate, scontrini, cene e vini pregiati come uno statista qualsiasi di questi tempi bui della storia italiana e dei suoi rappresentanti. Il Pd gli toglie la sedia da sotto il sedere non perché la misura fosse colma ma perché questo è il momento giusto. Con il Giubileo alle porte impossibile (?) pensare ad elezioni anticipate e quindi ben venga l’ennesima deriva autoritaria della stagione di Renzi. Il Presidente del Consiglio non eletto che benedice con la sua investitura un altro non eletto. Ecco dunque pronto Il superprefetto ad amministrare la città nell’attesa di nominare un amministratore. Questa non è democrazia. I cittadini si recano alle urne ed hanno il diritto di essere governati da chi è stato regolarmente eletto anche se il prescelto è un idiota, ma se l’idiota cade allora si torna alle urne. Troppa la paura di consegnare la città al M5S, meglio far passare del tempo, tanto il popolo “fregnone” dimentica e magari tornerà a votare a destra o a sinistra che, come abbiamo visto con Mafia Capitale, in fondo sono la stessa cosa.