Siria: Putin muove per primo e innesca gli eventi

I russi combattono in Siria, Putin lo detto chiaramente, lo fanno al fianco di Assad e considereranno ogni attacco all’esercito lealista siriano come un attacco al suolo russo. L’offensiva secondo fonti russe potrebbe durare tre o quattro mesi, il primo effetto è quello di impedire una no-fly zone in stile libico, con Assad liquidato come prima di lui Gheddafi e la Siria in mano a bande di fondamentalisti e signori della guerra. Il primo bombardamento russo è avvenuto a Homs, sono state attaccate postazioni dell’ISIS secondo il Cremlino, un campo di addestramento dei “ribelli anti-Assad” sotto addestramento della CIA secondo Washington. Il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha negato l’accaduto dichiarando che i ribelli dell’Esercito Libero Siriano, appoggiati ufficialmente dagli USA, dovranno anzi avere un ruolo nella soluzione politica post-bellica. I russi hanno anche dichiarato di aver colpito su indicazione dell’Esercito Siriano, circostanza che non chiarisce poi molto, supponendo anche che Mosca dovrebbe avere mezzi propri, satellitari e non, per individuare obbiettivi in quel l’area.

 

Un ruolo invece nei futuri negoziati gli USA e la Francia non intendono riconoscerlo in nessun caso ad Assad, punto al contrario imprescindibile secondo Putin per porre le basi alla nascita di una coalizione internazionale che si concentri unicamente nella guerra all’ISIS. L’idea della coalizione è stata esposta al palazzo di vetro dallo stesso Putin durante l’intervento russo per il 70° anniversario delle Nazioni Unite. Nella proposta il perimetro di questa coalizione si estenderebbe dagli USA agli altri paesi della NATO alla Russia stessa, coinvolgendo altre nazioni minacciate dall’ISIS e le parti belligeranti, inclusi Assad e i resistenti Curdi. L’azione diplomatica dei russi mostra dunque al mondo i due piatti di una bilancia: da un lato l’intervento militare, senza ambiguità né esitazioni al fianco di Assad, dall’altro l’invito ai potenti della terra a cooperare contro l’ISIS, per liberare la Siria e costruire un tavolo di pace e un nuovo equilibrio. Putin in settimana ha raccolto anche alcune significative aperture da parte della Germania, sia sul riconoscimento di Assad come interlocutore sia sulla possibile fine delle sanzioni contro Mosca, instaurate a causa della guerra in Ucraina e sofferte innanzitutto dagli esportatori tedeschi, propulsori dell’economia germanica e conseguentemente dotati di enorme peso politico a Berlino.   Gli Stati Uniti hanno maldigerito le esternazioni del Governo tedesco e le malelingue in cerca di facili connessioni hanno subito fatto rilevare la tempistica sospetta dello scandalo sulle emissioni, emerso negli USA e abbattutosi sulla Volkswagen, maggiore azienda esportatrice tedesca.

 

A quello di Homs sarebbero seguiti altri raid nelle regioni Siriani sotto il controllo dei fondamentalisti, una ventina in tutto. Putin gioca d’anticipo, quando la morsa della Nato sembra stringersi contro un paese dove Mosca ha interessi strategici, il Cremlino muove con decisione. L’Unione Europea dimostra per l’ennesima volta che di unito non ha nulla a parte la discutibile moneta, meno che mai la politica estera. Le ambiguità degli USA verso l’ISIS ormai insostenibili dopo un anno di bombardamenti “dichiarati” e apparentemente inefficaci. Che un esercito di trentamila guerriglieri male armati e privi di aviazione possa rappresentare un problema strettamente militare per le superpotenze mondiali, è ridicolo. Che l’ISIS, dopo aver invaso due stati e aver aperto franchising in tutto il mondo nei quali sperimentare la versione cyber-punk della Sharia, sia considerato meno pericoloso e degno di essere destituito dei vari Assad, Saddam, Gheddafi, dell’Iran o del Mullah Omar, fa dedurre connivenze.

 

Dopo la mossa russa e almeno finché nessuno cambierà le proprie posizioni, dalla situazione attuale sembrano poter ragionevolmente scaturire due possibili esiti: o la Russia spazzerà via l’ISIS in tempi talmente rapidi da far dubitare il mondo sulla sbandierata volontà occidentale di combattere il Califfato, o questo potrebbe essere impedito da un qualche incidente che coinvolga le altre forze schierate in campo e faccia detonare a catena la polveriera siriana e, con essa, la guerra mondiale latente. Tra i potenziali casus belli il possibile coinvolgimento di forze di terra iraniane ed Hezbollah (Reuters da fonte siriana) per un’offensiva di terra sciita supportata dall’aviazione russa, per evitare la quale il ministro del Likud Steinitz ha fatto intendere che Israele sarebbe pronto a tutto.

 

Dopo aver gonfiato per anni lo spauracchio dell’ISIS è oggi difficile per gli USA demonizzare chi intende combatterlo, l’azione di Putin ha generato un cortocircuito nelle contraddizioni della politica estera statunitense, inceppando la macchina mediatica americana. A questo punto soltanto se l’occidente prendesse in considerazione la proposta russa all’ONU potrebbero forse aprirsi scenari diversi, inaspettati, sulla base dei quali si renderebbero possibili altre analisi, perlomeno nelle premesse, meno nefaste. Questo d’altro canto significherebbe anche legittimare una vittoria diplomatica di Mosca (come il NY Post ha recentemente rimproverato ad Obama), merce rara nella storia del novecento, sempre costosa e mai concessa di buon grado.

 

di Daniele Trovato

Twitter: @aramcheck76

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