Assad dalla parte dei “buoni”? Decidono Usa e Russia
Angela Merkel e Recep Tayyip Erdoğan, fanno dietrofront: «Dobbiamo parlare con diversi attori, incluso Assad» ha affermato la cancelliera tedesca aggiungendo che bisogna dialogare «non solo con gli Stati Uniti d’America e Russia ma con importanti partner regionali, Iran e paesi sunniti come l’Arabia Saudita», mentre il presidente turco riconosce che il regime di Damasco «potrebbe far parte del processo di transizione». Dichiarazioni del tutto inaspettate visto che, fino a pochi mesi fa, i due Paesi che questi rappresentano erano dalla parte degli Stati che auspicavano le dimissioni del presidente siriano. A loro si unisce anche il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, che prede in considerazione «una una transizione politica, che associ elementi del regime e dell’opposizione moderata».
Erdoğan sembra aver cambiato la propria posizione a seguito della visita in Russia dello scorso 23 settembre in occasione della cerimonia di riapertura della Moschea Centrale della città. Tuttavia lui stesso riconosce che «nessuno vede un futuro con Assad in Siria. Sarebbe impossibile per i siriani accettare un dittatore che ha mandato a morte centinaia di migliaia di persone». In sostanza, a oggi, la stabilità della Siria è una priorità, anche se Assad non è previsto nel futuro dello stesso Paese.
La Russia sostiene il governo siriano. Anche il Ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz, ritiene che l’Occidente dovrebbe coinvolgere l’attuale governo siriano nella lotta contro il Stato Islamico, in quanto «Non bisogna dimenticare i crimini che Assad ha commesso, ma anche non dimenticare la visione pragmatica del fatto che in questa lotta siamo dalla stessa parte». Lo scorso 7 settembre la Russia ha deciso di dare ufficialmente il proprio sostegno militare al governo di Assad, nonché di schierarsi contro lo Stato Islamico: nonostante una prima smentita iniziale, pochi giorni dopo armi e militari russi sono giunti in soccorso di Bashar al-Assad. Probabilmente, la decisione di Putin consiste in una mossa strategica per imporre la presenza della Russia al tavolo negoziale post-Assad, in quanto prima del loro appoggio all’attuale governo siriano, la Russia non era stata presa per niente in considerazione dagli Stati Uniti in merito alla questione siriana. Senza contare gli interessi economici e militari della Russia subirebbero un duro contraccolpo nella perdita di Assad come alleato, poiché offre alla Russia un importante sbocco sul Mediterraneo. È evidente che l’entrata in scena della Russia ha cambiato le regole del gioco: ora Putin deve solo convincere gli Stati Unitia stare dalla sua parte.
Incontro tra Putin e Obama. Secondo quanto riportato dal New York Times, Barack Obama incontrerà Putin il 28 settembre a Washington per ascoltare le sue proposte in merito alla situazione siriana. La proposta di Putin consiste in una coalizione comprendente Russia, Usa e tutti gli altri Paesi impegnati militarmente nel conflitto che sostenga Assad e combatta l’Isis. Wendy Sherman, vice di Kerry, ha affermato: «Comprendiamo che può esserci una soluzione politica se Assad resta per un certo periodo di tempo, con un qualche incarico, mentre si svolge la transizione». In ogni caso, secondo quanto riportato da fonti russe all’agenzia Bloomberg: «Senza un accordo di coordinamento con la coalizione anti-Isis, Mosca inizierà propri raid», che significa che la Russia attaccherà i ribelli anti-Assad.
Conseguenze inaspettate. Già nel 2011, la stessa Merkel, d’accordo con Sarkozy e Cameron, aveva affermato che, per quanto concerneva la posizione del presidente siriano, bisognava «affrontare la realtà del rifiuto totale del suo regime da parte del popolo siriano e di farsi da parte nell’interesse della Siria e dell’unità del suo popolo». In principio, il crollo del governo siriano era stato considerato un obiettivo realizzabile in tempistiche brevi, ma è evidente che non è stato così. Piuttosto, il risultato maggiormente visibile sono i milioni di profughi che hanno invaso il territorio turco. Ma la conseguenza più pericolosa è che l’Isis, in Siria, è diventata la principale opposizione ad Assad. La verità è che, ancora oggi, Assad rappresenta ancora una figura carismatica in grado di dialogare con le minoranze non sunnite. Secondo i media, il suo intento è quello di rimanere a capo di un governatorato in una zona a maggioranza alauita. Anche se dovrebbe già considerarsi fortunato nel caso in cui ottenesse l’impunità per i crimini di guerra dei quali è accusato, evitando così la Corte Penale Internazionale e, quindi, l’esilio.
@MariaLauraSerpi