Miss Italia 2015: un passo indietro nella evoluzione della specie
Partiamo da un’introduzione banale: c’erano una volta ragazze il cui sorriso valeva 5000 lire, giovani la cui bellezza le spingeva a cercare la gloria cinematografica. Con il passare del tempo si è deciso che quel sorriso apparteneva alla più bella d’ Italia e il mondo pronto ad accogliere la reginetta è lentamente cambiato: dal grande al piccolo schermo, con fugaci apparizioni sulle passerelle. Il livello culturale che separa il cinema di ieri dalla televisione di oggi è l’oceano che separa una Lucia Bosè da una Alice Sabatini.
Certo, è vero, intuire la cultura di una miss neo-eletta è come giudicare un libro dalla copertina, con la differenza che con la miss è esattamente quello che bisognerebbe fare. Nella ragazza con la corona è la patinatura che va valutata, il resto non conta, sarà il tempo a dirci se possiede qualità consone a traghettarla più in là di un anno di ospitate varie.
Questa stagione ha offerto la novità “curvy”. Tradotto: facciamo partecipare anche le ragazze in carne (che poi non lo erano affatto) ma le marchiamo a fuoco come il bestiame. Una caduta di stile impressionante, un passo indietro nell’evoluzione culturale della specie. Ma allora perché da anni continuano a farci credere che i giudici hanno superato i confini della bellezza? Perché chi sponsorizza il concorso ha paura di ammettere che si premiano le gambe? Perché la Merigliani si ostina a proporci una Miss Italia dotata di testa quando in realtà, ai fini della kermesse, la protuberanza che ha attaccata al collo serve solo a reggere la corona? Tanto poi parlano e indietro non si torna.
L’unica fortuna di questa edizione di Miss Italia è che sarà ricordata per la risposta data dalla candidata numero 5 ad una domanda facile facile azzardata dal giudice Amendola. Oramai la sconsiderata emissione d’aria dalla bocca di quella che sarebbe stata poi eletta Miss Italia è rimbalzata ovunque tra urla di sgomento, stracciamento di vesti e risate a crepapelle. Solo chi non vive la quotidianità di questa società può stupirsi di una simile manifestazione di ignoranza. La vacuità con cui questa ragazza di belle speranze ha candidamente confessato di voler vivere in prima persona la seconda guerra mondiale ha fatto passare in secondo piano uno spettacolo avvilente. Perché in fondo, ricordiamolo, Miss Italia dovrebbe essere questo, uno spettacolo.
Neanche una navigata come la Ventura, addobbata prima in versione natalizia e successivamente in versione Capodanno, è riuscita a tener a galla un Titanic che minuto dopo minuto imbarcava acqua da tutte le parti. Un Ferrero che oramai viene trattato come una macchietta e non da ottimo imprenditore e buon presidente calcistico quale è, un Morgan lontano parente di quello che fù, una scenografia spettrale, silenzi imbarazzanti che a stento la conduttrice riusciva a colmare senza troppa convinzione. Uno scempio in cui comunque sarebbero dovute emergere le aspiranti reginette, ma con la kermesse televisiva ridotta ad una sola serata è mancata quella partecipazione emotiva, quel “tifo” che si cominciava a fare per la preferita sin dalla sua prima apparizione.
I tempi storici di Miss Italia sono definitivamente tramontati e non è un caso se, scorrendo l’albo d’oro delle vincitrici dal 1977 al 2004, molte hanno lasciato il segno nel mondo cinematografico o televisivo mentre negli ultimi dieci anni la sola Miriam Leone è emersa, e con ottimi risultati, da un inesorabile anonimato. Ma in fondo meglio passare inosservate ed essere reginette per una sera che passare alla storia come colei che voleva vivere in prima persone una delle più grandi tragedie dell’umanità. E stia serena la novella Miss Italia, anche questo concorso di tragico ha avuto molto.