True Detective 2: la delusione è dietro l’angolo
Grande appuntamento con l’attesissimo ritorno di True Detective , la serie fenomeno creata da Nic Pizzolato, che arriva in Italia in contemporanea con gli Usa su Sky Atlantic, con il primo episodio della seconda stagione in lingua originale trasmesso alle 3 della notte appena trascorsa, ma a giudicare dalle critiche, vale davvero la pena perderci qualche ora di sonno? «Chi si aspetta qualcosa della magia della coppia originale McConaughey-Harrelson è meglio che moderi il proprio entusiasmo per la seconda stagione» si legge su Variety, e Hollywood Reporter parla di «una battuta d’arresto, ma forse le aspettative erano troppo alte». Già, di norma, le serie antologiche lasciano un certo amaro in bocca allo spettatore fidelizzato, misto a malinconia per i personaggi e le storie alle quali ha dovuto dire bruscamente addio nella stagione conclusa, in questo caso poi, in particolare, l’addio alla coppia McConaughey-Harrelson è stato davvero duro. Eppure eravamo preparati, Pizzolato era stato molto chiaro:«La serie è la stessa: c’è il crimine, ci sono i detective, c’è intimità, ci sono le idee della stagione con Woody Harrelson e Matthew McConaughey. La storia invece no, cambia radicalmente, con ambientazione e personaggi diversi».
Cosa ci aspetta dunque negli otto episodi di questa seconda stagione? Si cambia scenario, addio alle paludi della Lousiana, benvenuti a Vinci, fittizia cittadina californiana situata tra la zona industriale di Los Angeles e Malibu. Non più due personaggi principali, bensì quattro: Colin Farrell è Ray Velcoro, un detective privato che viaggia sul filo della legalità e vanta una coscienza non proprio cristallina, Vince Vaughn è Frank Semyon, un imprenditore strettamente legato al mondo della criminalità, Paul Woodrugh (Taylor Kitsch) è un agente della stradale dal passato difficile e Rachel McAdams è Ani Bezzerides, detective molto legata alla propria etica. Il tutto ruota intorno ad un’indagine di omicidio, che vede coinvolto un consigliere corrotto.
Colin Farrell ha ammesso di essere stato grande fan della prima stagione: «Quando mi hanno invitato per la seconda serie sono letteralmente saltato in aria per la gioia e la soddisfazione», ha dichiarato. «Temevo che la scrittura, fondamentale in questa serie, non potesse essere all’altezza della prima stagione, e invece mi sono subito accorto che era una cosa sublime. Ancora meglio». L’attore ha tenuto ad esaltare la grande attualità dei temi trattati nella serie, come la siccità, corruzione e le dure regole della strada che dominano in California. I dilemmi psicologici dei personaggi prendono il sopravvento sull’indagine stessa, come spesso era successo ai personaggi della prima stagione, introspezione che fa da filo conduttore tra le due stagioni. E proprio a riguardo, Rachel McAdams, volto femminile della serie, ha puntualizzato: «siamo una banda di spostati, nessuno dei nostri personaggi rientra nelle norme sociali. Siamo detective, dovremmo essere degli eroi, invece siamo uno più sbattuto dell’altro. Ma ognuno, pur nel suo tormento interiore, cerca di fare la cosa giusta e del suo meglio per risolvere il caso che gli è stato sfortunatamente assegnato. E questo è il bello di True Detective. I problemi individuali di ciascun poliziotto sono peggiori del problema che è chiamato a risolvere».