Vertice UE-CELAC, trattamenti riservati.
Nelle giornate del 10 e 11 giugno si è tenuto a Bruxelles il secondo vertice UE-CELAC che ha riunito nel cuore dell’Europa i leader dell’Europa, dell’America latina e dei Caraibi sotto il tema piuttosto fumoso di “Modellare il nostro futuro comune: impegnarsi a favore di società prospere, coese e sostenibili per i nostri cittadini”.
I vertici UE-CELAC sono le principali sedi per il dialogo e la cooperazione tra l’Europa e gli Stati latinoamericani e caraibici, sebbene tra gli oltre 40 capi di Stato e di governo, più ministri e sottosegretari vari, esistano posizioni molto variegate. Innanzitutto che cos’è la CELAC: è il nome provvisorio (Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños) di un blocco regionale di nazioni dell’America Latina e dei Caraibi creato il 23 febbraio 2010 al “Vertice sull’unità dell’America Latina e dei Caraibi” tenuto a Playa del Carmen, in Messico. Si tratta di tutti i Paesi sovrani nelle Americhe, ad eccezione di Canada e Stati Uniti. Quindi, per intenderci, dai Paesi a guida più o meno socialista ai neoliberisti duri e puri del Centro-America.
Ne consegue che più che un incontro tra due blocchi, (e chi poteva meglio personificare quello europeo di Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, centrista moderato vicino alla cancelliera tedesca Merkel?), si tratti dell’occasione di varie riunioni, trattative e sondaggi bilaterali o multilaterali tesi a non far perdere all’Unione Europea quel posto privilegiato di secondo partner commerciale con il continente latinoamericano dopo gli Stati Uniti (sebbene la Cina abbia già scalzato l’Europa sulle esportazioni).
Soddisfazione, infatti, è emersa per la firma di accordi “bilaterali” con Messico, Colombia, Perù e Cile, orientati secondo la bussola del libero commercio che piace al modello occidentale. Tuttavia, molte altre cose si sono mosse sottotraccia.
Prima tra tutte la serie di conversazioni tra UE e Mercosur (mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela, come Stati membri, e Bolivia, Cile, Perù, Colombia ed Ecuador come Stati associati) riguardo il TLC (Trattato di Libero Commercio) rispetto al quale la presidente brasiliana Dilma Roussef si sarebbe sbilanciata piuttosto favorevolmente, in contrasto con gli altri Paesi che legittimamente segnalano che all’interno del Mercosur i negoziati si decidono insieme.
In particolare pesa la posizione del Venezuela (al centro di una campagna di delegittimazione della sovranità nazionale da parte degli Stati Uniti spalleggiati dal fuoco di copertura del presidente spagnolo Rajoy) contrario non tanto agli accordi commerciali in quanto tali, bensì al modello economico secondo il quale tali accordi vengono concepiti in sede Europea: senza tanti giri di parole, per i Paesi a guida socialista, il Tlc per come lo ha concepito la Ue con la Colombia o il Perù va nel senso opposto rispetto agli obiettivi di sviluppo economico indipendente dichiarati dal Mercosur.
Concetto espresso anche troppo chiaramente dal Presidente Boliviano Evo Morales, in Italia per una serie di conferenze, il quale, intervistato dal Corriere della Sera, ha dichiarato che “In Bolivia, il libero commercio e il neoliberalismo hanno lasciato soltanto fame, miseria e disoccupazione. Chi in America Latina si sottomette alle imposizioni del settore finanziario e del Fondo monetario internazionale ha molti problemi. In Bolivia decidiamo noi la nostra politica economica, non il Fmi né la Banca mondiale. Politicamente e democraticamente ci siamo liberati dell’ambasciata degli Stati Uniti. E stiamo meglio di prima. Abbiamo smesso di essere uno Stato mendicante. Questo non significa che non accettiamo la cooperazione e gli investimenti stranieri, ma non sono più loro a definire il nostro futuro”.
Quindi avanti col dialogo, certo (contestualmente aperto con Cina e altri Paesi, eccezion fatta per gli Stati Uniti verso i quali non c’è molta fiducia, dato che la loro mania coloniale, secondo Morales, non è per niente esaurita), purché si tenga ben presente con chi si sta dialogando.