Primo maggio America Latina: lavoro, punto.
Mentre nel primo maggio, giorno della festa dei lavoratori, l’Italia è devastata dai postumi di una giornata da dimenticare per via delle azioni del blocco nero alla Mayday di Milano (e sarebbe proprio da urlare Mayday, mayday, mayday! Abbiamo un problema!) l’America Latina tutta scende in piazza portando al centro del dibattito pubblico le questioni del lavoro.
Le strade e le piazze sono state invase dappertutto da una marea di operai, studenti, lavoratori, contadini, sindacalisti, esponenti politici e movimenti sociali che in questa giornata hanno riaffermato la lotta per il benessere e l’uguaglianza all’insegna del socialismo latinoamericano.
La manifestazione più imponente si è svolta a Cuba, dove, in un delicato momento storico, centinaia di migliaia di persone da diversi Paesi del mondo si sono ritrovate per difendere la rivoluzione ed esprimere – come ha dichiarato Ulises Guillarte, segretario generale Unione Centrale dei Lavoratori di Cuba – “la forza della classe operaia, che sventola in alto le bandiere della pace e della solidarietà”. Lo stesso Guillarte ha ringraziato il Presidente Maduro e il popolo venezuelano al quale ha ribadito tutto il sostegno di Cuba. Sono state svariate, infatti, le occasioni in cui a Cuba è stato espresso tutto l’appoggio possibile ai cittadini e ai lavoratori del Venezuela, che a loro volta hanno scelto di celebrare la Giornata Internazionale del Lavoro con una marcia anti-imperialista in difesa delle persone e della pace.
A Caracas, Nicolas Maduro ha celebrato la memoria di Ugo Chavez e della rivoluzione bolivariana e condannato i continui tentativi di destabilizzazione da parte degli Stati Uniti. Al di là della retorica e delle frasi a effetto, Maduro ha indicato i lavoratori, nel senso più tradizionale di classe, come protagonisti del processo di costruzione della patria, e annunciato un aumento del 30 per cento del salario minimo per tutti i lavoratori e pensionati del Paese.
Le manifestazioni, naturalmente, non finiscono qui, e solo il loro elenco sarebbe drammaticamente lungo. Dunque citeremo soltanto l’iniziativa di Evo Morales, presidente della Bolivia, che ha varato quattro decreti inerenti l’aumento dei salari per il 2015, l’aumento dei salari per i lavoratori delle imprese pubbliche e quelle in cui lo Stato è l’azionista di maggioranza e l’approvazione della personalità giuridica dei sindacati; e il discorso di Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, che senza tanti giri di parole ha sottolineato il vero spartiacque rispetto al passato ecuadoregno, affermando che “Questo è il governo dei lavoratori”. Punto.