Piano Juncker: finché la barca va l’Europa non affonda
Terminato il direttivo sull’Europower, ha avuto luogo una conferenza stampa piuttosto movimentata: Mario Draghi è stato interrotto da una giovane manifestante, riuscita a presenziare all’evento fingendosi una giornalista di Vice.
L’intrepida contestatrice si chiama Josephine Witte, ha 21 anni ed è una studentessa di filosofia. La giovane è ormai un volto noto della politica internazionale: nel 2013, prima si è mostrata in topless a Vladimir Putin e Angela Merkel nel corso della Fiera di Hannover, poi ha manifestato, sempre in déshabillé, davanti al Tribunale di Tunisi per sostenere la blogger tunisina Amina Tyleparte. La stessa Josephine si definisce come «un’attivista politica» e, anzi, più specificamente, «un’attivista dei diritti umani» ma, a oggi, ammette di non avere più contatti con le Femen, nonostante non rinneghi le azioni passate. Effettivamente, questa volta, l’attivista ha optato per uno stile più sobrio: pantaloni neri e maglietta della stessa tinta con scritta inerente alla contestazione. Tuttavia, non è mancato l’effetto sorpresa, con tanto di coriandoli sul finale. Il messaggio, ripetuto fino all’ossessione, nonostante l’intervento tempestivo della sicurezza, è chiaro: «Stop alla dittatura Bce.»
Draghi: simbolo Bce. Ciò che è avvenuto non deve essere interpretato come un attacco diretto a Draghi in quanto persona, ma come rappresentante della Bce: «Si tratta di un’istituzione che ha un’enorme influenza sulle nostre vite e però su di lei non c’è nessun controllo di tipo democratico, non viene eletta», ha dichiarato la stessa Josephine, secondo la quale «Il grande problema della politica europea è l’assenza di verifiche democratiche sulle decisioni che vengono prese e condizionano le vite di decine, anzi di alcune centinaia di milioni di persone».
Draghi si è mostrato particolarmente favorevole al piano lanciato da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue, il cui obiettivo è il rilancio degli investimenti in Europa.
Lo scorso mese, il Presidente della Bce ha sottolineato quanto sia importante passare dalla teoria all’azione in tempi stretti, tramite riforme strutturali. Il nostro Paese presenta una realtà economica fatta di piccole imprese non abbastanza motivate a crescere, poiché non spronate dalla regolamentazione attuale: «Uno degli obiettivi dell’Unione dei mercati capitali è certamente anche quello di mettere le piccole imprese in condizioni di entrarvi».
Confindustria e Comitato delle Regioni. Che lo si voglia ammettere o no le banche hanno un ruolo essenziale: condizionando l’economia hanno un forte impatto sulla politica, interna ed estera. Draghi ha fiducia nella Bce e nell’euro, in quanto spread e smorzamento della crescita potenziale non potrebbero essere attribuiti all’introduzione della moneta unica, ma a cause temporalmente anteriori.
Le politiche di Draghi risultano in linea con quanto emerso dall’incontro, svoltosi a Bruxelles, tra Consiglio delle rappresentanze regionali e per le politiche di coesione territoriale di Confindustria e la delegazione italiana del Comitato delle Regioni. «Un collegamento sinergico tra fondi strutturali e strumenti finanziari del Piano Juncker è il modo più efficace per favorire l’utilizzo delle risorse finanziarie del Piano a livello regionale e locale», ha dichiarato Alessandro Laterza, vicepresidente di Confindustria per il Mezzogiorno e Politiche regionali. La strategia vincente consisterà nella chiarezza sul funzionamento delle piattaforme locali.
Settori strategici. Il vicepresidente della Bei, Dario Scannapieco, focalizza l’attenzione sulle competenze tecniche delle Pubblica Amministrazione, sia locali che centrali. È importante individuare sin da subito i settori prioritari: ambiente, agenda digitale, ricerca e sviluppo con il settore industriale privato e finanziamento a Pmi e Midcap tramite il settore bancario.
Giovedì 23 aprile verrà votato il testo del Documento di Economia del Senato (DEF), il quale dovrà essere trasmesso alla capitale europea non oltre il prossimo 30 aprile.
Critiche. Il piano Juncker è nato con il fine di dotare gli Stati che ne sono privi degli strumenti necessari per la ripresa economica. Non tutti sono d’accordo sull’evoluzione del Piano: «Troppo tardi, troppo poco. Non c’è quella svolta che avremmo potuto auspicare», ha affermato il presidente uscente della Toscana, Enrico Rossi, che spiega: «Se le banche chiedono l’8 o il 9% in relazione all’affidabilità, oppure precludono il ricorso ai prestiti perché si ritiene che certe imprese non siano adeguate, mi pare che non stia dando quei risultati che ci potevamo attendere».
La Grecia respira. Secondo Financial Times, la Grecia avrebbe tentato di ottenere, in modo informale, una dilazione dei pagamenti previsti per maggio: circa un miliardo di euro da versare in due fasi. Il Fondo monetario internazionale non ha però accolto il tentativo nella maniera sperata.
Dall’altra parte, il settimanale Die Zeit sostiene che la Merkel, contrariamente a quanto auspicato dai cittadini tedeschi, sembra propensa a sposare in pieno la politica di Juncker e Draghi, prevedendo di continuare a erogare liquidi alle banche private greche anche in caso di bancarotta, a patto che Tsipras collabori.