La terza Europa: quando Tsipras incontra Putin
Il giorno del giudizio, l’ennesimo, per la Grecia è il prossimo 9 Aprile, quando il Governo di Atene dovrà rimborsare all’FMI una tranche da 450 milioni di euro dei quali non dispone, né disporrà entro quella data. Dunque a Tsipras tra poche ore rimarranno quattro alternative: ottenere subito il nuovo prestito di 7,2 miliardi dall’Eurogruppo, attingere per il pagamento alla spesa corrente decurtando salari e pensioni, dichiarare default nel giro di poche settimane e presumibilmente uscire dall’Euro o, in ultima istanza, ottenere il denaro da qualche altra fonte esterna.
La prima ipotesi sembra smentita dagli stessi rappresentanti dell’Eurogruppo, i quali hanno bocciato il vecchio piano elaborato da Varoufakis e non ritengono sufficiente il nuovo piano, sul quale rimarrebbero veti relativi alle misure sul lavoro, ai temi fiscali e alla solidità generale delle coperture. E’ possibile che le posizioni si ricompongano al fine di sbloccare il nuovo prestito, ma le distanze sembrano tali che difficilmente questo avverrà entro la data di giovedì 9. La seconda ipotesi è stata esplicitamente negata dal Ministro dell’Interno greco, poi parzialmente smentito. Tuttavia non è per tagliare previdenza, welfare e salari pubblici che Tsipras ha ottenuto il consenso dei greci: le ricadute politiche per Syriza sarebbero devastanti, forse definitive. La terza via, quella che passa per il default e l’uscita dall’Eurozona, è lo spauracchio del Governo greco, un epilogo espressamente negato in campagna elettorale ma verso cui tutti sanno ci si sta dirigendo, viste le difficoltà descritte sopra e valutato il carattere recessivo delle riforme e la conseguente inarrestabile liquefazione dell’economia greca. Pur di scongiurare questa ipotesi perfino il rivale Samaras, da sempre schierato sulla permanenza nell’Euro ad ogni costo, ha offerto il proprio sostegno al governo di Tsipras. Il Telegraph riporta fonti interne al governo di Atene secondo cui il piano per la nazionalizzazione delle banche e per il conseguente ritorno alla Dracma sarebbe già pronto; non si esiterebbe dunque ad attuarlo in caso di conclamata insolvibilità.
Tsipras e Varioufakis smentiscono gli scenari più catastrofici, trattano a oltranza e si infastidiscono pubblicamente per le fughe di notizie; è comprensibile stiano valutando tutte le possibilità, di qui la quarta ipotesi e la ricerca di appoggi esterni all’Eurogruppo. In questo clima febbrile Tsipras ha anticipato di un mese il prossimo viaggio previsto a Mosca, dove l’8 Aprile incontrerà Putin non certo per ragioni cerimoniali. Antiche radici legano la Grecia e la Russia, dalla comune fede ortodossa fino alla resistenza all’aggressione nazifascista durante la seconda guerra mondiale, così come recenti interessi: la necessità di trovare partner e finanziatori esterni da una parte, la ricerca di alleati in grado di spezzare il fronte europeo sulla questione Ucraina e sull’embargo dall’altra, ma anche le nuove ipotesi per un gasdotto che sostituisca il defunto South Stream, l’attrazione di investimenti sulle infrastrutture greche (discorso aperto anche con la Cina) fino ad al turismo, voce non trascurabile nel bilancio ellenico. L’ipotesi è forse remota, ma se la Grecia dovesse restare nell’Euro (salvandolo?) o uscirne con minori contraccolpi (salvandosi?), grazie al denaro russo, le ripercussioni geopolitiche non sarebbero da poco. Si spezzerebbe il fronte dell’embargo sulla questione Ucraina e così alla Vecchia Europa (Germania, Francia e per quel che conta Italia), col suo atlantismo solido ma recalcitrante davanti allo scontro con la Russia, e alla Nuova Europa revanscista e anti-russa (Baltici e Polonia), si aggiungerebbe una nascente Terza Europa, in grado di guardare ad Est dall’interno dei confini europei. Ad essa apparterrebbero a questo punto la Grecia, l’Ungheria di Orban, la Serbia pur sempre geograficamente europea e una serie di forze politiche , già corteggiate da Putin di recente, sparse nei vari parlamenti continentali come il Front National e la Lega, oggi tutte all’opposizione ma domani chissà. Estendendo con un respiro più ampio la riflessione al tema della nuova Guerra Fredda, queste dinamiche possono essere inquadrate in un orizzonte che va dal Medio Oriente al Venezuela, dal Mar della Cina alla nuova Banca Asiatica, la possibile frastagliata cortina di domani che, come quella di ieri, contempla Paesi di confine, Paesi non allineati e zone tiepide dall’una e dall’altra parte.
La questione greca è un detonatore potenziale per l’economia continentale, per l’unità politica europea (una chimera che nessuno ha mai visto e tutti invocano) e, per gli equilibri geopolitici, continuare a tenere Atene con le spalle al muro fino a non aver più nulla da perdere rischia di essere l’ennesima scelta tragicamente miope da parte dei Paesi leader dell’Unione.
Twitter: @aramcheck76