Tunisi, attacco al museo del Bardo

Dopo la barbarie al museo di Mosul, è nuovamente un sito archeologico il teatro dell’ennesimo bagno di sangue perpetrato dalla furia jihadista. L’ultimo attacco è avvenuto ieri al Bardo di Tunisi e ha provocato la morte di venticinque persone – venti turisti occidentali, tra cui quattro italiani, tre tunisini, e due agenti; si contano, inoltre, quarantotto feriti. Gli italiani uccisi di cui si è accertata l’identità corrispondono a Francesco Caldara e Orazio Conte, Antonella Sesino e Giuseppina Biella, inizialmente date per disperse. Ha, inoltre, suscitato particolare commozione la notizia della morte di Akil, il cane poliziotto rimasto coinvolto nella sparatoria.
Autori della strage, due giovani tunisini travestiti da militari: Jabeur Khachnaoui e Yassine Laabidi, entrambi caduti nello scontro a fuoco con le forze dell’ordine, mentre i tre presunti complici si davano alla fuga.

La Tunisia è il Paese che ha effettuato la transizione a un sistema democratico in modo più fruttuoso, ma non indenne: la strage di ieri al museo del Bardo è soltanto l’ultima di una serie di sanguinosi avvenimenti che hanno minato le basi delle primavere arabe. Tra gli episodi più clamorosi, l’incursione a Djerba nel 2002; quella all’ambasciata americana nel 2012; e, più recentemente, l’esecuzione dei giornalisti Sofiène Chourabi e Nadhir Ktari, l’uccisione di quattro guardie nel corso di un attentato nella città di Boulaaba, nonché numerosi arresti di elementi affiliati al Califfato.

L’attacco è avvenuto in seguito all’audizione delle forze armate in Parlamento su a una legge per la lotta al terrorismo. Sembra che fossero proprio le vicine istituzioni l’obiettivo iniziale del raid, che avrebbe poi ripiegato sul vicino museo.

Fiaccolata a Tunisi - foto Ansa
Fiaccolata a Tunisi – foto Ansa

Pare, ormai, fuor di dubbio il collegamento tra la strage di mercoledì e lo Stato Islamico, che in un video del 15 marzo incoraggiava i “fratelli tunisini” ad agire, e che, in un messaggio audio, avrebbe rivendicato l’attacco; il gruppo terroristico aveva, peraltro, già accolto la notizia con parole di esultanza. È drammatico constatare come proprio questo Paese sia attualmente uno dei terreni di coltura più fertili delle nuove leve della jihad. A ingrossare le fila del Daesh sono, in molti casi, dei giovani istruiti, che tuttavia rifiutano i modelli di democrazia abbracciati dai loro coetanei. Ma il terrorismo che trae vantaggio dallo spaesamento di quei ragazzi che non trovano rappresentatività nei governi nati dopo la Primavera Araba, non riesce a spegnere gli aneliti di libertà del popolo tunisino, che manifesta nel centro della città invocando una Tunisia libera.

Twitter: claudia_pulchra