Lega a Piazza del Popolo, il Festival del luogo comune

Piazza del popolo di tinge di verde padano. In trend topic #acasavostra #vaffanculo #sovranità #noeuropa. Roma accoglie Matteo Salvini e i fascisti del terzo Millennio: Casapound. Dall’altra parte il contro corteo del #MaiconSalvini che porta l’obelisco sotto coi numeri di partecipazione. (FOTO SOPRA-SCORRI)

Sole delle Alpi e Forza Roma. I nuovi leghisti usano i mezzi pesanti ma cambiano obiettivo, dai terroni a Bruxelles sempre passando sopra gli immigrati. Lasciano a casa l’ampolla e il Dio Po ma non i cori razzisti, l’intolleranza di chi è stufo di accogliere e ha voglia di respingere. Salta a l’occhio l’età media over 40 e i pochi giovani presenti sono i fedelissimi dal Piemonte al Friuli sino a Bergamo. I giovani romani grandi assenti se non quelli rigorosamente agganciati a Simone Di Stefano e a Casapuond. E’ il Festival del luogo comune. “Chi non salta comunista è”, “Immigrato pezzo di merda”. Gli interventi partono alle tre, puntuali, parlano rappresentanti dei medici, degli agricoltori, delle forze dell’ordine: “I poliziotti bramano” intima il rappresentante della polizia e denuncia tagli, sprechi e il blocco del turn over. Coraggiosa Greta, la rappresentante degli studenti, la riforma Gelmini votata dalla Lega se l’è dimenticata sul diario ma “i mantenuti dei centri sociali” quelli no! Non le vanno giù. Sul palco sfilano tutti, da Maroni a Zaia acclamato dai secessionisti Veneti ed esperto di sicurezza sul territorio: “Portiamo l’esercito in strada”, fino a Di Stefano leader di Casapound che ricorda i morti sul Piave sponsorizzando il nuovo simbolo a firma “Sovranità” sotto lo sguardo in estasi di una cittadina: “Fino alla moortee!” urla la signora accoccolata a una transenna: “A casaa vostraa, Baastaa puzzaa!” continua minacciosa. E’ il momento di Giorgia Meloni e non le manda a dire: “Credevano di averci ridotto tutti al silenzio ma la verità è che in Italia c’è ancora chi se ne frega delle minacce di Bruxelles e del figlio segreto di Vanna Marchi: Matteo Renzi” e ancora “Sono felice che questa risposta arrivi proprio da Roma, in un momento in cui forse la città eterna affronta uno dei periodi storici peggiori grazie all’allegro chirurgo, il sindaco Ignazio Marino!”. Ultimo a parlare, attesissimo, il leader Matteo Salvini, la piazza esulta, sguaina l’ugola e manda a quel paese in ordine alfabetico tutto il Governo, in primis Alfano e Renzi, mentre sullo sfondo si legge lo striscione che celebra le esequie di Berlusconi: “Berlusconi politicamente morto. Meglio soli”. Salvini non delude, in loop recita l’Ave Maria leghista con ben poche novità,  demonizza il pensiero unico perciò saluta con affetto chi la pensa diversamente da lui: “Ce l’hanno messa tutta per far sì che la piazza fosse vuota, dai centri sociali, agli sfigati occupa Chiese[…] quattro barboni con quattro petardi volevano la piazza vuota”. Netto anche sull’immigrazione al punto da enunciare un nuova teoria sociologica: “Gli italiani non fanno più figli per colpa della crisi, è in atto una sostituzione dei popoli (ndr, immigrati)”. Continua snocciolando i soliti temi: legge Fornero, famiglia tradizionale, No euro. In ultimo una ricetta d’avanguardia per uscire dalla crisi: la flat tax al 15% su modello bulgaro, quando si dice progressività delle imposte. L’anticorruzione, la legalità, la lotta alle mafie, l’evasione fiscale le lascia ai posteri, tanto l’ardua sentenza per la Lega c’è già stata.

Uno srotolarsi di clichè, di luoghi comuni, di slogan razzisti, un delirio costante e continuo avallato da una piazza decisamente migliore dei protagonisti sul palco. Migliore se si pensa alle sue debolezze, alla sua storia e forse anche alla sua mancanza di memoria. La gente delle periferie era in quella piazza, le famiglie in prima linea sul tema immigrazione, il nord e il sud stanco dei privilegi, degli sprechi, di chi gli chiede di aspettare e solo sacrifici. Gente spaventata dall’incapacità della politica di dargli risposte oltre gli 80 euro e che magari in Salvini trova un conforto, certo non soluzioni percorribili ma di questo non ne è conscia. In un mondo dove il tormentone non è una canzone per l’estate ma un programma politico, si fa strada chi abbraccia l’intolleranza fomentato da chi per vent’anni ha governato senza successo, alimentando sensi di colpa sociali o da chi calpesta la cultura antifascista della Costituzione Italiana rievocando, paradossalmente, chi è morto per quella cultura. La memoria corta di quella piazza è la grande arma di Matteo Salvini e la grande piaga che la espone alla speculazione politica fatta di soluzioni semplici per problemi complessi, d’insofferenza senza costruzione, predicando l’offesa e non la legalità, l’accoglienza responsabile ma continuando ad ubriacare d’ignoranza chi non riesce a vedere altra scelta.

Foto: Simone Stoppioni

@FedericaGubinel