Commissione promossa da Papa Francesco per dire no alla pedofilia
Oggi, venerdì 6 febbraio, la Commissione per la Tutela dei Minori si riunisce, per la prima volta, in seduta plenaria in Vaticano. Tale Commissione non è che uno strumento per ribadire e, allo stesso tempo promuovere, l’impegno della Chiesa nel combattere un problema reale che si è insinuato anche tra le personalità generalmente connotate come “pure”.
Papa Francesco ha inviato una lettera ai superiori degli istituti religiosi e ai presidenti delle Conferenze Episcopali del mondo intero e le Società di vita apostolica: «L’incontro con alcune persone che hanno subito abusi sessuali da parte di sacerdoti mi ha offerto l’occasione di essere diretto e commosso testimone dell’intensità delle loro sofferenze e della solidità della loro fede». Queste alcuno delle parole del pontefice che, dalla sua nomina, non ha perso occasione per combattere “il male della pedofilia” inculcatosi anche all’interno della Chiesa. Non a caso, è stato proprio Francesco, nel 2013, a istituire la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori «con lo scopo di offrire proposte e iniziative orientate a migliorare le norme e le procedure per la protezione di tutti i minori e degli adulti vulnerabili, e ho chiamato a farne parte personalità altamente qualificate e note per il loro impegno in questo campo». Tale Commissione è sotto la guida del cardinale Sean O’Malley e, tra i propri membri, vi sono anche due vittime di abusi sessuali, che sicuramente ne sanno più di chiunque riguardo conseguenze fisiche e psicologiche di questa piaga dell’umanità.
Recentemente, dopo l’incontro del Papa con alcune vittime nello scorso dicembre, la Commissione è stata integrata con nuovi membri al fine di rappresentare la Chiesa a livello internazionale: un’unica religione che coinvolge Paesi diversi e cittadini con culture differenti, ma uniti da un obiettivo comune e un “credo” a cui far costantemente riferimento. Ovviamente, “personalità altamente qualificate e note per il loro impegno in questo campo”: 17 membri in totale, in rappresentanza di tutti i continenti, tra cui otto donne e dieci laici.
Mezzi e finalità. L’obiettivo è quello di identificare i colpevoli di atti di pedofilia facenti parte delle gerarchie ecclesiastiche e renderli inoffensivi. Tuttavia, come il Papa stesso ha più volte sottolineato, non basta unicamente accertarsi che i colpevoli possano reiterare questo tipo di comportamento, ma devono essere giudicati e, quindi, “fermati” in tempi più brevi possibili: ogni giorno che passa può sconvolgere per sempre la vita di un bambino. Ciò si è concretizzato attraverso lo snellimento dell’esame dei ricorsi riguardante condanne in cui i sono coinvolti membri del clero e che concernono “delitti contro la fede”. Pertanto, Francesco ha deciso di istituire un Collegio composto da sette uomini di Chiesa, tra vescovi e cardinali, riuniti per rendere più agile la procedura.
In passato, il portavoce del Vaticano, padre Lombardi, aveva già sottolineato quanto la Congregazione per la Dottrina della Fede fosse oberata di lavoro, a causa dei continui ricorsi riguardanti episodi di abusi in cui è coinvolto il clero: circa quattro o cinque abusi al mese.
«Le famiglie devono sapere che la Chiesa non risparmia sforzi per tutelare i loro figli e hanno il diritto di rivolgersi a essa con piena fiducia, perché è una casa sicura». Proprio per creare questo legame tra Chiesa e fedeli e dimostrare che gli uomini di Chiesa afflitti dal “peccato” rappresentano una minoranza. Il pontefice ha esortato i responsabili delle comunità religiose a incontrare le vittime e chiedere perdono in prima persona in rappresentanza dell’intera comunità stessa.
Oltre gli scandali. «Non c’è assolutamente posto nel ministero per coloro che abusano dei minori», ha subito chiarito Francesco. L’atteggiamento del Papa nei confronti della pedofilia interna alla Chiesa è da sempre chiaro e coerente: la pedofilia è un “crimine grave” e, pertanto, va denunciato e punito.
La scoperta degli innumerevoli casi di pedofilia all’interno di una delle istituzioni che per prima dovrebbe proteggere i minori ha certamente generato non poca recriminazione: un vero e proprio scandalo. Tuttavia la “paura” dello scandalo non può essere anteposta al bisogno di giustizia e di verità: salvaguardare il futuro di giovani vite è vitale, sebbene, per farlo, si rischi di macchiare la “pura” immagine della Chiesa cattolica.
La pedofilia interna alla Chiesa è una realtà che va riconosciuta, affrontata e sconfitta.
Spero che il riconoscimento, da parte della somma carica della Chiesa cattolica, della veridicità sulla presenza di tale tipo di comportamento tra i propri collaboratori non porti l’opinione pubblica a considerare la Chiesa cattolica “marcia” nella sua totalità. Così come vi sono uomini di Chiesa che non meriterebbero neanche di pronunciare il nome di Dio, ve ne sono altre che da anni dedicano la loro vita ad aiutare gli altri, confrontando perennemente le proprie abitudini e i propri atteggiamenti con al morale cattolica: carità, rispetto per gli altri, misericordia. Accusare o aggredire, metaforicamente parlando, un’istituzione per confutarne i valori solo perché non si è, in prima persona, in grado di rispettarli, non porta da nessuna parte. È facile comprendere perché casi di pedofilia legati a uomini di Chiesa suscitino particolare clamore: sacerdoti, preti, vescovi, cardinali, ma anche suore, vengono idealizzati sulla base di stereotipi culturali tramandati nei secoli. Eppure, tutti abbiamo studiato le storie infelici della monaca di Monza e don Abbondio: ebbene si, ancora oggi c’è chi decide di entrare a fa parte della Chiesa per questioni puramente economiche o vi è letteralmente costretto, ma anche personaggi che al contrario, hanno dimostrato quanto possa essere “gratificante e naturale” dedicare la propria vita a Dio.
Ad ogni modo la pedofilia è un crimine imperdonabile, a prescindere dalla carica e dal ruolo sociale del soggetto che se ne è reso colpevole, uomo o donna che sia e va non solo punito, ma anche preventivamente evitato.
Twitter: @MariaLauraSerpi