La contestazione disciplinare non esclude i diritti del “creditore”

Il datore di lavoro, può avvalersi degli strumenti a tutela del creditore, quali ad esempio l’azione di risarcimento danni o l’eccezione di inadempimento, tanto al fine di ottenere la prestazione lavorativa, anche ove non sanzioni la condotta disciplinare del proprio dipendente.

In tal senso si è espressa la Corte di Appello di Potenza sul caso di una lavoratrice, la quale chiedeva la condanna del datore di lavoro al pagamento di alcuni crediti retributivi.

Costituitasi regolarmente in giudizio, la società sosteneva che l’ex lavoratrice, in alcune determinate giornate non aveva prestato la propria opera lavorativa, mentre in altre la prestazione non aveva coperto l’intero orario di lavoro.

Nel procedimento di primo grado la Società veniva condannata, poiché, ad avviso del Tribunale di prime cure, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare da parte del datore di lavoro dimostrava l’insussistenza degli inadempimenti.
La società dunque proponeva appello avverso tale sentenza, deducendo l’erronea interpretazione delle norme del Codice civile sulla diligenza del lavoratore (articolo 2104) e l’esercizio del potere disciplinare (articolo 2106).
Secondo i giudici di appello il datore di lavoro può esercitare autonomamente due diverse prerogative relativamente alla sua posizione contrattuale: quella di creditore di una prestazione lavorativa e quella di imprenditore, che nella sua posizione gerarchica ha un potere disciplinare.
Nel caso in cui il datore non decide di non esercitare le prerogative disciplinari, ciò non comporta che non possa esercitare quelle relative al suo diritto di credito.

La mancata o inesatta prestazione lavorativa è provata in giudizio, il datore, anche se non ha esercitato tempestivamente il potere disciplinare, può promuovere un’azione per danni o eccepire l’inadempimento, nonostante
la mancata contestazione disciplinare aggrava l’onere della prova dell’inadempimento in capo al datore di lavoro.

Nel caso di specie, in considerazione delle risultanze istruttorie, la Corte ha ritenuto accertato l’inadempimento solo nei giorni in cui la stessa era stata del tutto assente e ha ridotto il credito della lavoratrice.