Terrorismo: tensione Italia, tensione Europa

Tra il cambio di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, passato dalla cara Italia alla Lettonia, l’allerta terrorismo dopo i fatti di Charlie Hebdo e le misure economiche salva Euorozona, forse solo adesso ci stiamo rendendo conto che questa entità sovranazionale, chiamata Ue, spesso nominata ma poco conosciuta realmente e spesso considerata come un invisibile deus ex machina, effettivamente c’è ed è tra noi. Ma va capita e conosciuta a fondo, in modo così da fare veramente propri i suoi principi.

Un deus ex machina che molti potrebbero definire arrugginito visto che, da quando esiste, anzi, da quando esiste l’euro, le responsabilità di ogni fallimento, e ultimamente ce ne sono tanti, delle varie politiche nazionali, vengono addossate alla stessa Unione europea. Al contrario di quello che si potrebbe pensare però, le competenze esclusive dell’Unione europea rispetto alla vita degli Stati membri, non sono poi così tante. Il Trattato di Lisbona del 2007 infatti, tra le varie modifiche poste al precedente di Amsterdam, ha inserito quella del trasferimento di sovranità, in maniera decisionale, dall’Ue agli Stati membri, aumentando, di fatto, il potere dei Parlamenti nazionali. Studiando bene il trattato dunque, si può notare che le competenze esclusive dell’Ue non sono poi così tante: sei rispetto a quelle concorrenti con gli Stati membri.

La sicurezza, che ultimamente è il tema che ci interessa maggiormente, è una di quelle non esclusive, appunto. Sulla cosiddetta Pesc (Politica estera di sicurezza comune), infatti, introdotta proprio dal Trattato di Lisbona e rappresentata in Commissione dalla nostra Federica Mogherini, l’Ue non può in nessun caso adottare atti legislativi. Ed è quello che infatti sta emergendo in questi ultimi giorni, dopo il primo Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Ue seguente alla strage di Charlie Hebdo.

Al di là del rifuggire da allarmismi vari, è comunque d’obbligo valutare seriamente quello che riguarda la sicurezza comune, soprattutto perché, da ciò che sta emergendo, coloro che dobbiamo temere sono proprio i cittadini europei.

Al di là del “formale” Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Ue, tenutosi lo scorso lunedì 19 gennaio, da cui sono emerse esigenze di collaborazione tra Europa e Paesi arabi, di dialogo dall’interno dell’Ue con comunità musulmane e varie minoranze, è comunque uscito fuori un provvedimento concreto.  E parliamo del Pnr (Passenger name record), proposta attualmente ferma al Parlamento europeo proprio perché rende il confine tra sicurezza e privacy ancora più sottile. C’è infatti «Esitazione tra gli Stati a scambiarsi informazioni, c’è un problema di fiducia reciproca, noi vogliamo aiutare gli Stati ma la responsabilità della sicurezza è la loro e resterà a loro, la Commissione nonvuole prendere la responsabilità degli Stati», ha affermato Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione europea.

Tra i più reazionari, ogni Paese ha i suoi, si è anche condivisa l’idea di chiudere Schengen, risolvendo, così, il problema alla radice. Oltre però ad andare contro uno dei fondamentali principi dell’Unione europea, ad arrendersi a mani basse al terrorismo e a sconvolgere completamente la vita di cittadini che, proprio grazie allo Schengen, possono lavorare, da questa proposta è emerso che, per rimanere nella realtà nostrana, la Lega e alcuni esponenti di Forza Italia non hanno ancora ben chiaro il fatto che è dalla realtà nazionale che bisogna partire per difendersi, e per difendere.

Se sul Pnr si temporeggia, intanto l’Italia ha previsto, per il prossimo 28 gennaio, la riunione del Consiglio dei Ministri a Palazzo Chigi che, in realtà, si sarebbe dovuta tenere il 22, per varare un decreto legge contenente nuove norme anti terrorismo, utili anche alla Commissione europea la quale invece, a maggio, presenterà una nuova strategia globale di sicurezza.

A chi considera quest’ultimo appuntamento troppo in là rispetto all’imminente urgenza di trovare soluzioni, Timmermans ha risposto: «Aumenteremo gli sforzi per raggiungere un accordo col Consiglio e col Parlamento europeo su un sistema per condividere tra Stati membri le informazioni su chi viaggia in aereo. Dobbiamo anche migliorare il funzionamento dell’area Schengen e rafforzare le norme a protezione dei dati personali. C‘è un impegno politico in questo senso, ma dobbiamo agire in maniera ragionata, con determinazione ma nella giusta misura. Non abbiamo bisogno di una reazione impulsiva, non aiuterebbe».

Quello di cui ci sarebbe bisogno, a parte gli interventi di mamma Europa che poi, abbiamo visto, così mamma non è visto che molte delle sue competenze possono essere messe in atto solo in seguito a delle chiare posizioni dei Parlamenti nazionali, è partire da una comunione di intenti, proprio dai singoli Paesi, rispetto al tema sicurezza.

Sicurezza che, per esempio in Italia, per molti versi non riesce ad attecchire. L’instabilità politica, conseguentemente quella economica e, dunque, anche sociale, oltre a creare malcontento tra gli italiani stessi, tendono a far acquisire un atteggiamento ostile verso l’altro, considerato a prescindere il nemico che ci vuole portare via il lavoro e quella poca identità, dunque sicurezza, che ci è rimasta.

Il discorso è ovviamente più complesso e articolato. Il terrorismo o la violenza, espressi in qualunque forma, vanno condannati; è necessario installare un sistema di sicurezza funzionante che, dall’approvazione di ogni singolo Stato, venga poi applicato all’Europa in generale; va dunque ideata una politica di sorveglianza e stretto controllo.

Ma si sa, le leggi non funzionano se non possono poi appoggiarsi su un tessuto sociale di spessore. Su un tessuto sociale che vigili costantemente, e per vigliare non bisogna pensare subito, o solo, allo stile “Grande fratello orwelliano”, la vita dei suoi cittadini, dei suoi residenti e di chi sta cercando di ottenere questo diritto. Il tutto potrebbe avere luogo attraverso, per esempio, un dialogo con le minoranze e una connessione tra queste e la gente di sempre. I municipi ci sono anche e soprattutto per questo…o forse sono troppo impegnati a mettere le toppe sugli scandali della loro o della precedente amministrazione che, spesso, proprio sugli immigrati e sulle minoranze varie, ci lucrano?

Il fatto è che, come spesso accade, esistono delle contraddizioni di fondo all’interno dei sistemi nazionali che poi, in casi di estrema urgenza e necessità come quello che stiamo vivendo adesso, vogliono essere miracolosamente sciolte e risolte, quando invece buon costume sarebbe prevenire piuttosto che curare, per giunta malamente.

Per prevenire qualsiasi cosa, a maggior ragione il terrorismo, forse bisognerebbe che ogni realtà operasse un’analisi approfondita delle proprie questioni interne, prima di dettare leggi all’Europa o di guardare quello che fanno gli altri, o meglio, invece di entrare nel panico solo quando molti danni sono stati fatti.

Twitter @IlariaPetta

Foto Ansa
Foto Ansa