Il Cyber Califfato attacca Centcom
L’abbiamo detto e ribadito in rete, stringendoci online in un unico grande popolo libero e democratico: siamo tutti Charlie Hebdo. Le nostre matite e le nostre tastiere sono più potenti di qualunque spada o kalashnikov, ma è proprio su questi punti che lo Stato Islamico vuole farci ricredere. Prima, spezzando le voci della satira a Parigi, poi, dimostrando di essere il padrone incontrastato del cyberspazio.
Il grande misunderstaning sta nel fatto che nel nostro immaginario è molto più verosimile un jihadista semianalfabeta che imbraccia un’arma sperduto in un mal tratteggiato deserto piuttosto che un abile informatico in grado di hackerare gli account del Centcom, il Comando Centrale degli Stati Uniti. Avevamo già parlato qui di come l’Islamic State sia dotato di abili social media manager in grado di sfruttare le possibilità del web. Il 12 gennaio, non meglio specificati hacker dell’Is, hanno dato uno smacco agli Stati Uniti, infiltrandosi negli account Twitter e Youtube del Comando Centrale. Il profilo Twitter del Centcom ha temporaneamente assunto il nome di Cybercaliphate e l’avatar è diventato un un militante jihadista con la kefia bianca e nera che gli nasconde il volto e, infine, la scritta “I love you Isis”.
«Mentre voi e i vostri satelliti uccidono i nostri fratelli in Siria, Iraq e Afghanistan, abbiamo fatto irruzione nelle vostre reti e nei vostri dispositivi personali e sappiamo ogni cosa di voi» si poteva leggere sul profilo Twitter violato, e ancora «Soldati americani, stiamo arrivando: guardatevi le spalle! ». Sono stati twittati anche presunti piani militari statunitensi in Cina e in Corea del Nord, corredati di cartine e accompagnati dalla scritta “Network del Pentagono hackerato”. Violato anche il canale Youtube del Centcom, che si è fatto così veicolo di due video di propaganda per la jihad.
L’hackeraggio ha avuto vita breve e con il tweet «Siamo tornati» il Centcom ha annunciato di essere tornato in possesso del proprio account. Tuttavia, se pur breve, questo cyber assalto ha un peso e un significato non da poco. Il Comando Centrale Usa è il nodo nevralgico che coordina le operazioni militari in Medio Oriente. Colpire lì vuol dire colpire al cuore e dimostrare di poterlo fare non solo con le scimitarre, ma anche con i nostri stessi strumenti. L’accaduto ha lasciato in un evidente stato di imbarazzo il Pentagono. Secondo alcune fonti del Wall Street Journal, si è trattato di un banale attacco informatico agevolato dalla mancanza di sistemi di protezione adeguati e il Comando Usa si è affrettato a precisare in un comunicato che, nonostante l’attacco, i network operativi militari non sono stati compromessi e non c’è alcun impatto operativo per il Centcom. Certo è che il colpo è stato accusato con evidenti rossori in volto. È chiaro che non si può liquidare come cyber vandalismo un attacco che, virtuale o no, ha come obiettivo un comando militare e ha una missione e un nemico dichiarati.
Seppur fatta di bit, anche questa è guerra.