Giustizia sociale, riforma elettorale e costituzionale, fisco, mondo del lavoro: questi alcuni dei temi affrontati da Matteo Renzi durante la conferenza stampa di fine anno organizzata dall’Ordine dei Giornalisti e dall’Associazione stampa parlamentare.

Ad aprire il dibattito il Presidente dell’Ordine, Enzo Iacopino, che solleva questioni riguardanti la categoria, come la nuova ipotesi di legge sulla diffamazione, che elimina il carcere, ma prevede sanzioni economiche molto gravose; ribadisce di non avere alcun interesse a difendere i diffamatori, ma a tutelare i diritti dei cittadini; prende le distanze da chi vorrebbe etichettare i giornalisti come una “casta”, e auspica una riforma complessiva dell’Ordine e la costituzione di un registro degli editori, affinché si sappia «quali e quante partecipazioni chi si occupa di editoria ha in altri settori».
Il Presidente del Consiglio Renzi dichiara la disponibilità del Governo a collaborare per l’attuazione di una legge di riforma, ma è su altre questioni che verterà essenzialmente l’incontro con la stampa. Numerosi soprattutto gli interrogativi sul futuro della Presidenza della Repubblica, dinanzi ai quali il premier mostra una speciale suscettibilità. Renzi è prodigo di facezie, ma elusivo e, a tratti, perfino insofferente nelle risposte sui possibili scenari del post Napolitano.

In merito agli altri punti, conferma che il Jobs Act non si estende al pubblico impiego; rinnova l’impegno allo sfoltimento delle municipalizzate; esclude un effetto contagio della Grecia sull’Italia; conferma il proprio giudizio positivo sulla legge al finanziamento pubblico ai partiti e sulla misura degli 80 euro. Si accalora particolarmente nella reprimenda ai cosiddetti “gufi”, che sarebbero coloro i quali «negano all’Italia la possibilità di farcela». 

Se è questa la definizione di “gufismo“, allora dovrebbe essere possibile accantonare questo termine, poiché nessuno può augurarsi il proprio fallimento. Anche i detrattori di Renzi non possono che auspicare che il proprio Paese «ricominci a correre». Si ha il timore, piuttosto, che vengano più sbrigativamente tacciati di disfattismo coloro che si fanno delle domande, che nutrono, legittimamente, dei dubbi, che non amano semplificare, ma che, al “ritmo”, preferiscono un più lento e faticoso confronto. È, poi, interessante che il Presidente del Consiglio, che loda la speditezza del linguaggio di Twitter, si stizzisca quando Sky, riprendendo, peraltro, una frase dello stesso premier, mette come “sottopancia” ad una propria notizia «il mio è il Governo che ha fatto meno leggi», dichiarazione che, decontestualizzata, potrebbe risultare un po’ fuorviante. Svantaggi della sintesi.
La discussione si infittisce di riferimenti al mondo del cinema e della televisione, ma è probabilmente il ricorso ad Ogni maledetta domenica a lasciare maggiormente il segno. Il Presidente porta ad esempio il film del 1999 di Oliver Stone per spiegare di sentirsi come il personaggio di Al Pacino quando sprona la squadra di football alla battaglia in campo. Tutti noi- tutti- ci auguriamo in questo 2015 di beneficiare di una leadership ugualmente ispirata, priva di sarcasmo e condiscendenza, ma, per usare parole care a Matteo Renzi, piena di passione e dedizione.Enzo-Iacopino-foto-Ansa

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