Politica contro politica e la legge contro il gioco rimane ferma
Ci è voluto un anno per capire che la volontà politica e le scelte etiche oramai non vanno più di pari passo. Ci è voluto un anno affinché i promotori e i firmatari di una legge nazionale che regolamenti il gioco d’azzardo capissero che il problema, del perché questo testo non fa altro che essere soggetto a un ping pong tra Commissioni e parlamento, è di natura politica.
La Commissione Affari Sociali della Camera sta lavorando su questo testo dal 20 settembre 2013 che, recentemente, è stato licenziato e firmato, in primis, dall’On. Paola Binetti. Non si è però fatto in tempo a cantare vittoria che è subentrata l’impasse da parte della Commissione Bilancio…per mancanza di copertura finanziaria. E questa è stata la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso, un vaso che si chiama Slotmob (Cittadini mobilitati per il buon gioco contro le nuove povertà e la dipendenza dal gioco d’azzardo). Slotmob è un movimento giovane, fatto da giovani, i quali però hanno ben chiare le loro idee e hanno deciso di vederci altrettanto chiaro, affrontando in prima persona le istituzioni per chiedere loro una risposta riguardo l’ultima impasse che ha subito il ddl sul gioco d’azzardo. Queste risposte, se così si possono chiamare, sono state date durante la conferenza stampa del 18 dicembre presso la Camera dei Deputati in via della Mercede, da parte di alcuni esponenti politici che hanno accettato di “mettersi in gioco”. Più che sulle risposte evasive, confusionarie e scatenanti ulteriori polemiche e dubbi, in realtà varrebbe più la pena concentrarsi sulle domande, ben chiaramente esposte da Gabriele Mandolesi, uno dei più attivi esponenti di Slotmob: “Quali potevano essere per lo Stato gli impatti erariali così privativi a cui avrebbe portato l’attuazione del ddl? C’è effettivamente una volontà da parte della politica di sbloccare questa legge e portarla in parlamento?”. Una delle risposte scritte dalla Commissione Bilancio, che hanno giustificato il blocco temporaneo dell’approvazione del ddl, recitava che l’inserimento di un tesserino elettronico all’interno delle slot machine volto al riconoscimento del giocatore per, eventualmente, bloccarlo se considerato un potenziale soggetto patologico, comporterebbe due/tre anni di lavoro per l’allineamento delle macchine e un’uscita di denaro pari da 9 fino a 13 miliardi di euro. Una delle obiezioni di Mandolesi e del movimento Slotmob, riportate in conferenza stampa, è stata: “Assurdo che una tecnologia così avanzata ci possa impiegare così tanto, partendo poi dal presupposto che le concessionarie non comprano le macchine dall’esterno, bensì sono di loro produzione. Il tutto implicherebbe una modifica in house e, dunque, non così costosa. E vogliamo soffermarci sui risparmi a cui porterebbe la legge? Lo Stato prende le entrate erariali dal gioco, ma spende anche sui recuperi sociali da questo indotti. Una riduzione delle giocate, che solo in Italia ammontano a 85 miliardi, potrebbe essere compensata con altri consumi più utili. I giochi inoltre non sono soggetti a Iva; se lo fossero lo Stato avrebbe delle entrate. Le soluzioni come vedete ci sono; il problema però è che la questione si affronta, perché, forse, si vuole affrontare, in maniera parziale”. Cosa avranno risposto “i capi” a queste argomentate domande?
Ernesto Preziosi, onorevole del Pd, più che rispondere ha fornito solo del materiale per scatenare ulteriori polemiche: “Credo che nel comunicato che avete pubblicato (voi Slotmob, ndr) ci sia un errore. Questa legge non è ferma in Commissione Bilancio, ma in attesa di pareri da parte della Commissione Affari Sociali. Non si può ragionare solo su un emendamento, bensì è necessario fare una proiezione a lungo termine sulle conseguenze di un tema più ampio. Ci sono tre tipi di problemi da valutare: quello economico, il politico e l’etico, che devono essere risolti all’unisono e, comunque, io non ho visto una chiusura a livello politico”. E da qui, chi ci inizia a capire qualcosa, è veramente bravo. Prende parola l’on.Baroni del M5S: “Sento un senso di vergogna nei confronti di Preziosi, che ha appena dato informazioni sbagliate. La proposta di legge è bloccata con uno stratagemma tecnico, attraverso un intervento del Sottosegreatrio all’Economia Baretta, il quale affermò che la delega fiscale del governo ha la priorità sull’iter legislativo parlamentare. L’On. Binetti, prima firmataria del testo, oramai si trova sola, perché è stata abbandonata letteralmente dal suo partito (Pd, ndr) avendo tirato fuori questioni troppo importanti che la maggioranza non si sentiva di coprire. Noi M5s abbiamo approvato il testo per l’80% chiedendo un aumento della tassazione dello 0,75% sul gioco, e Renzi cosa ha fatto? Ha sostenuto fosse troppo, quando all’interno della legge di stabilità sono presenti sanatorie nei confronti di sale gioco che prima erano illegali e invece ora godono del diritto all’esercizio”. La Binetti, da parte sua, è stanca, considerando che è da quando è iniziata questa legislatura che si occupa di gioco d’azzardo.” I pareri da parte delle Commissioni sono arrivati tutti; il nocciolo della questione è che Commissione Bilancio e Sanità, il nostro primo interlocutore, stanno facendo un ping pong continuo, che non è accettabile”, ha dichiarato la prima firmataria del testo sulla regolamentazione del gioco d’azzardo. L’aria che tira è abbastanza chiara: mesi di discussioni politiche e civili su un tema che, gira che ti rigira, non riesce mai a sbloccarsi, al contrario rimane lì. E non è neanche possibile considerare l’azzardo un tema secondario, visto che rientra nel piano della legge di stabilità e che veicola un circuito di denaro di più di 80 miliardi di euro annuali, che la gente potrebbe spendere davvero per consumi più utili o che, quantomeno, non provochino danni alla salute. E il problema è che proprio perché l’azzardo rappresenta un tema molto caro allo Stato, per gli interessi celati che vi girano intorno, non c’è volontà politica di combatterlo. Forse questo, persone come Paola Binetti, Lorenzo Basso, Massimo Enrico Baroni e la società civile attiva contro l’azzardo, lo sanno. Nonostante questa celata e amara verità però, gli stessi sembrano non avere nessuna intenzione di interrompere la battaglia, mantenendo la speranza che la corda, chiamata mafia, prima o poi si spezzi.