La Scala secondo Alexander Pereira
MILANO – Non sono venuto per fare il funerale alla Scala, ma per aiutarla a diventare sempre più grande. E con serenità, pazienza, ottimismo, ci riuscirò”. All’indomani del successo del Fidelio, il sovrintendente Alexander Pereira si dice soddisfatto (“L’ha scelto il mio predecessore, forse io avrei deciso diversamente, ma è certo un titolo giusto per un’inaugurazione”) e non è nemmeno troppo preoccupato dalla crisi che stringe in una morsa le fondazioni liricosinfoniche: “Da quando sono arrivato ho trovato 6,3 milioni per la Scala dagli sponsor privati. Solo l’altra sera me ne hanno promessi 500 mila”.
I nomi dei sostenitori, però, non sono ancora stati annunciati.
“Non c’è nessun mistero, solo una questione di riservatezza. Ho consegnato la lista al sindaco Pisapia. Voi italiani siete un popolo geniale, ma spesso troppo allarmista. È vero che il paese attraversa un periodo difficile, ma dal tunnel si può uscire. So di essere visto un po’ male perché vado in giro a chiedere soldi. Ma la situazione è cambiata rispetto al passato: i responsabili dei teatri non possono limitarsi a spendere il denaro che ricevono in modo responsabile, devono anche fare fund raising “.
Quale è a suo parere la soluzione per superare la crisi?
“La sinergia tra pubblico, privato e incassi al botteghino. È importante che nessuno si tiri indietro, altrimenti il sistema crolla. Se Stato, Regione, Comune diminuiscono i contributi, anche gli sponsor si sfilano. Inoltre io cerco di introdurre quella che chiamo “la quarta gamba””.
Ci spieghi.
“Penso di creare delle fondazioni straniere di amici della Scala: in America c’è già, e sto lavorando anche in Russia, Cina, Inghilterra, Germania. A Salisburgo davano 1 milione di dollari l’anno. Perché non dovrebbero aiutare la Scala, che è un marchio ancora più prestigioso? “.
Si è parlato di soci fondatori intenzionati a ridurre il loro sostegno.
“Intanto Eni ha confermato i contributi. Certo c’è il problema della Fondazione Cariplo: la legge di stabilità prevede una tassazione che passa al 77%. Ma sono convinto che si arriverà a un compromesso”.
Oltretutto lei è intenzionato ad aumentare le produzioni.
“Nei tre anni precedenti sono stati realizzati solo 13 nuovi allestimenti. Io voglio arrivare a fare 45 opere (65 col balletto) nel triennio, e un terzo devono essere nuove produzioni. Costerà di più, ma è l’unico modo per salvaguardare l’altissima professionalità dei tecnici scaligeri, che altrimenti vedrebbero messo a rischio il loro posto di lavoro” (fonte Repubblica).
Si è molto discusso sulla questione del repertorio italiano, che alla Scala ultimamente sarebbe stato trascurato.
“Per me è una priorità assoluta. Dei 15 nuovi spettacoli la metà saranno italiani. Non è provincialismo, significa valorizzare il vostro patrimonio conosciuto in tutto il mondo. E bisogna ampliarlo il più possibile. Faccio alcuni nomi: alla Scala non si fanno mai L’amico Fritz di Mascagni o La Siberia di Giordano “.
Cosa pensa delle proteste fuori dalla Scala.
“È stato un peccato, anche se non erano contro il teatro. Ma io sto lavorando per far capire che la Scala non è solo per i ricchi, ma per tutti quelli che amano la musica. In quest’ottica più sociale e vicina alla gente vanno considerate le iniziative per i bambini (stanzierò 300 mila euro), per gli under-30 (200 euro), per l’Accademia di cui diventerò presidente (1,250 milioni di euro)”.
Lei ha realizzato tante “prime”. Ha trovato diversa l’atmosfera alla Scala?
“È la più famosa inaugurazione del mondo, nessun altro teatro ha una data fissa per l’apertura di stagione. Anche in Svezia mi chiedono come è andato il 7 dicembre. Sì, è qualcosa di speciale, ma bisogna anche avere l’equilibrio per riportarla a una maggiore normalità”.