Francia, l’aborto è “un diritto fondamentale”
«L’Assemblea riafferma l’importanza del diritto fondamentale all’interruzione volontaria di gravidanza per tutte le donne, in Francia, in Europa e nel mondo». Non è un’eccezione né un crimine: l’aborto è un diritto fondamentale.
C’è scritto proprio così nella risoluzione adottata a larga maggioranza (solo sette i contrari) lo scorso 26 novembre dal Parlamento francese. Nel quarantesimo anniversario dalla legge Veil, che ha depenalizzato l’aborto in Francia, l’Assemblée Nationale – o almeno i 151 deputati che hanno votato – ha ribadito, con una forza mai vista, che «il corpo è delle donne e lo gestiscono loro». Attraverso il diritto a disporre liberamente del proprio corpo, si legge nel testo, passa la creazione dell’uguaglianza reale tra uomo e donna e il progresso stesso della società. Né Stato, né nessun altro possono frapporsi alla libera scelta di chi vuole interrompere una gravidanza. La donna, e lei sola, deve decidere per sé.
La risoluzione ha sancito una situazione che, di fatto, era già scritta da mesi nelle leggi del Paese: in agosto, infatti, il governo di Hollande aveva approvato una modifica alla normativa sull’aborto, definito dal ministro per i Diritti delle donne Najat Vallaud-Belkacem «un diritto a tutti gli effetti e non qualcosa che si tollera a certe condizioni». Secondo la legge varata sotto Chirac nel 1974, potevano accedere all’interruzione volontaria di gravidanza «tutte le donne incinte che si trovino in uno stato di sofferenza a causa del loro stato». In agosto, un articolo significativamente inserito nella legge «per l’uguaglianza reale tra uomo e donna» ha stabilito che possano accedere all’aborto «tutte le donne che non vogliono portare avanti una gravidanza». Non vogliono, tutto qui.
«Ivg, un diritto garantito dalla legge», recita il sito del governo francese: il diritto di decidere, il diritto di disporre di sé, il diritto di non essere madri. Un diritto che nessuno può impedire: secondo la legge, infatti, chi cerca di intralciarlo rischia pene severe, due anni di carcere e trentamila euro di multa.
In Italia entrambe le notizie sono passate in sordina, del resto siamo il paese in cui i medici obiettori superano l’80% in alcune regioni. Se ne sono occupati solo i giornali cattolici, ovviamente per stigmatizzare la nuova legislazione d’oltralpe. E se nel Belpaese l’aborto rimane un diritto spesso negato, in troppe zone d’«Europa e nel mondo» la situazione è drammatica: per molte donne che vogliono interrompere una gravidanza indesiderata l’unica possibilità rimane la rete. Il sito Women on web on web, con sede ad Amsterdam, si occupa di fornire indicazioni alle donne che vogliono abortire, ma non possono farlo andando in ospedale, e riceve oltre ottomila mail al mese. Come ha dichiarato Rebecca Gomperts – l’ideatrice del sito – a Vanity Fair «noi non intendiamo sostituirci al sistema sanitario, semplicemente coprire un buco in quei posti in cui le donne non possono esercitare i loro diritti. Lo facciamo spiegando loro che se assumono una combinazione di due farmaci – il misoprostolo, un gastroprotettore che fa contrarre l’utero, e il mifepristone (meglio noto come RU486) – possono indurre, a casa e in sicurezza, un aborto spontaneo. Se queste due medicine non sono acquistabili nei loro Paesi, consigliamo di recarsi in un Paese diverso per abortire, ma se questo non è possibile organizziamo un consulto online con un nostro medico il quale fa una prescrizione che invia a un produttore di farmaci indiano. Sarà lui a occuparsi di spedire in tutto il mondo».
Il bacino d’utenza del sito, però, rimane purtroppo estremamente limitato rispetto alle necessità globali: Internet è ancora inaccessibile a due terzi della popolazione mondiale e il numero di donne che sono costrette ad abortire ricorrendo a metodi di fortuna – a rischio della vita – è tragicamente alto.