NBA: Filadelfia 0 a 17!
Siamo giunti ormai ad un quinto della stagione regolare, Memphis ha il migliore record assoluto, Toronto comanda ad Est. Clamoroso il dato di Filadelfia, che rischia di far crollare primati negativi storici. Problemi anche per altre tradizionali franchigie. Brilla Washington nella notte, continua la rimonta di Denver.
Negli sport americani non esiste la retrocessione. Questa regola o principio, che tanto movimenta e spesso drammatizza le nostre realtà, per loro è totalmente sconosciuta. Si affidano ad altri criteri, economici soprattutto, per stabilire se una città meriti o meno di avere o di riavere una squadra di basket, di football o di baseball. I club possono spostarsi da un luogo all’altro ed è perdere uno sport la vera retrocessione. Fu epocale ad esempio la scomparsa del football da Los Angeles, avvenuta nel 1994. Nel basket, Seattle è passata da Gary Payton e la finale del 1996 contro i Bulls di Jordan fino al trasferimento della franchigia ad Oklahoma City nel 2008 ed il loro rookie Kevin Durant cambiò città ma non squadra.
Niente di tutto ciò avverrà a Filadelfia, che ha una radicata tradizione cestistica. Però la situazione dei Sixers ha dell’incredibile. L’anno scorso eguagliarono il record di 26 sconfitte consecutive, chiudendo la stagione a 19-63, davanti a Milwaukee, che peraltro adesso sta andando molto bene. Quest’anno hanno finora disputato 17 partite, raccogliendo altrettante “L”. Se perderanno domani con Minnesota raggiungeranno i Nets a 0-18, peggiore partenza di sempre, se venerdì li batterà anche Oklahoma sarà 0-19, primato assoluto.
Ma non è un problema di numeri, prima o poi romperanno la sequenza, forse eviteranno di chiudere col peggiore record della storia, 9-73, realizzato proprio da loro nel 1973. Altri tempi, tre anni dopo arrivò Julius Erving e li proiettò in una nuova dimensione.
Stavolta abbiamo un gruppo palesemente inadeguato per il livello NBA, probabilmente inferiore ad alcune squadre di Eurolega, composto da mezze figure e da giovani. E’ chiaramente un progetto a lungo termine, Embiid è infortunato per tutto l’anno, Saric è rimasto per ora in Turchia, ci sono Noel, miglior liceale del paese nel 2012, Carter-Williams miglior rookie in carica, anche Wroten è un talento. Con qualche buona scelta, tra due-tre anni i Sixers potranno riprendersi. Ora però è tempo di sconfitte.
Altre gloriose franchigie sono in crisi e ricambio, pensate a Boston, che alla fine dell’anno perderà anche Rondo, suo ultimo campione. Kobe Bryant capeggia la graduatoria assoluta dei punti, ma prende molti più tiri di quelli che dovrebbe, a 36 anni e col suo contratto ha fatto il vuoto attorno ai Lakers. Delusi a Detroit, avevano grandi ambizioni ma ne hanno perse 14 su 17, mentre infortunato o no Datome continua a giocare 0 minuti. Jordan è stato il più grande, ma da proprietario non riesce a trasferire la sua magia su Charlotte, disastrosa la situazione a New York, soprattutto per i Knicks di Bargnani, bloccato dall’ennesimo infortunio.
Molto meglio va agli altri due italiani, almeno a livello di squadra. Ottavo successo consecutivo per gli Spurs, che con Filadelfia hanno lasciato a riposo Parker e Duncan. Il fenomeno caraibico ha donato in settimana 247 mila dollari alla ricerca sul cancro. E’ tornato in panchina Popovich, dopo due partite di assenza per un malanno che aveva permesso ad Ettore Messina di divenire il primo europeo ad allenare una squadra NBA.
Denver passa 103 a 101 a Salt Lake City con un gran canestro a 29″ dalla fine di Lawson, dopo aver rischiato di sciupare un consistente vantaggio. Il play del Maryland ha anche regalato 12 assist, non pagata la cacciata di Afflalo per un colpo a Burks. Ottava vittoria in dieci gare per i Nuggets, ora giunti ad una lunghezza dalla zona playoffs.
Washington regala una lezione di basket a Miami, distrutta dai 23 punti dell’ex Butler, dagli assist di Wall, dai rimbalzi di Gortat: i Wizards sono secondi ad Est. Facile successo anche per i Clippers su Minnesota.