Il Libro delle Ombre, intervista a Teatro di Carta
Verrà presentato domenica 26 ottobre al Teatro Centrale Preneste. Il Libro delle Ombre è uno spettacolo sulla perdita dell’identità e sulla sua ricostruzione, dove l’ombra diventa il simbolo dell’anima profonda di ciascuno e di noi. A partire da questo simbolismo, si sviluppa la storia di un giovane scrittore che vende la propria ombra a un demone in cambio di una borsa piena di soldi. Il testo, le luci e la regia sono di Chiara Carlorosi e Marco Vergati dell’associazione-compagnia Teatro di Carta, impegnata da anni nella divulgazione del teatro come strumento di apprendimento, intrattenimento, incontro.
Il Libro delle Ombre è uno spettacolo ispirato al libro Storia Straordinaria di Peter Schlemihl di Adalbert von Chamisso, un autore romantico con la passione per il fantastico. Non si tratta di una storia propriamente diretta ad un pubblico di ragazzi. Come avete lavorato a questo adattamento?
Siamo partiti cercando di esprimere un’idea che ritenevamo urgente comunicare ai più giovani, ovvero metterli in guardia contro gli ingannevoli specchietti che gli attuali mass media fanno risplendere intorno a loro, illudendoli che l’unica vera realizzazione artistica passi per la notorietà televisiva o mediatica. Il racconto di Adalbert von Chamisso è stato un utile spunto iniziale: il protagonista cede la propria ombra in cambio di una borsa che può garantirgli la ricchezza. Noi lo abbiamo trasformato in un aspirante scrittore che, abbagliato dal miraggio della ricchezza, mette da parte la propria passione. La perdita dell’ombra coincide con uno smarrimento della propria parte più profonda, della propria identità. Il testo nella seconda parte prende un’altra piega e non fornisce un finale vero e proprio, così abbiamo cercato di chiudere il cerchio e di raccontare la riconquista dell’ombra. Ci auguriamo che i giovani spettatori colgano quello che il protagonista impara a sue spese, vale a dire che le passioni sono risorse preziose da coltivare giorno per giorno e che le scorciatoie troppo facili sono spesso fuorvianti e rischiano di condurci lontano da noi stessi.
Il tema dell’ombra può essere sviluppato in scena grazie al disegno luci che voi stessi avete ideato, con il contributo tecnico di Martina Serpa. Com’è stato costruito il dialogo fra attori e scenografia?
Volevamo che il grande libro che domina la scena non fosse solamente un libro più grande del normale ma che ogni sua pagina potesse avere una natura diversa. Come succede con una lettura, quella che inizialmente è una pagina scritta, pian piano si trasforma in immagini, suggestioni, colori, personaggi. Ci piaceva l’idea di ricorrere al teatro d’ombre, ma volevamo al tempo stesso discostarci dalla classica proiezione di sagome su un telo bianco. Così abbiamo sperimentato varie tipologie di schermi, usando anche materiali diversi. In quest’ottica abbiamo utilizzato in scena una lanterna magica ottocentesca, pensando di affiancare al teatro d’ombre una tecnica di animazione sconosciuta ai più piccoli. I personaggi della storia escono dalle pagine del libro, quello è il loro mondo, quasi come se una forza invisibile impedisse loro di allontanarsi dall’orbita delle pagine che si sfogliano. E’ stato curioso dover raccontare la perdita dell’ombra, perché non potevamo usare i classici fari teatrali. Allo stesso tempo bisognava pur illuminare la scena. Spesso siamo ricorsi al controluce, grazie al quale i personaggi si delineano piuttosto come figure illustrate.
Il Libro delle Ombre è stato presentato per la prima volta al festival Regione Invasioni Creative di Rieti quest’estate. Dopo il Centrale Preneste sarà a Livorno, Crema, Brescia e di nuovo a Roma. Quale accoglienza avete ricevuto dal pubblico dei “piccoli”?
Sappiamo che uno spettacolo inizia a vivere soltanto dopo aver incontrato il pubblico. Quando il pubblico di riferimento è quello dei bambini questo incontro è ancora più importante, perché i bambini sono il pubblico più esigente e sincero che ci sia. Le loro reazioni sono così immediate ed evidenti che fungono da indicatori di eventuali imperfezioni o, al contrario, degli aspetti che attraggono la loro attenzione. Per questo abbiamo mostrato lo spettacolo in anteprima ai bambini che frequentano i nostri corsi di teatro, discutendo poi con loro di vari aspetti e accertandoci della leggibilità della storia. A Rieti l’accoglienza è stata molto buona, abbiamo percepito l’attenzione della platea per tutta la durata della rappresentazione, ondeggiante tra i timori dei più piccoli per la comparsa di Balthazaar, il personaggio più inquietante, e le risate a sottolineare i momenti più comici.
Teatro di Carta è un’associazione che crede nel valore pedagogico del teatro. Perché? Perché proprio il teatro?
Il teatro occupa una posizione strategica in prossimità di tanti altri ambiti fondamentali nel percorso formativo dei bambini e dei ragazzi. La sua vicinanza con il racconto orale, il movimento corporeo, l’espressione vocale, il ritmo, la musica, il canto, la manualità, l’apertura all’altro, fa del teatro uno strumento privilegiato. Inoltre il teatro conserva in sé tracce di ciò che sta andando perduto, di tutto quello che non trova più spazio nella vita attuale. E’ indispensabile che i bambini conoscano altro da ciò che il mondo adulto propina loro, che sappiano che esiste un modo altro di vivere e di stare insieme, in un tempo che scorra in maniera differente rispetto a quello che li assilla freneticamente ogni giorno. Tentiamo di far intravedere ai più piccoli quello che la tv non mostra loro, consapevoli che questo presente manca di stimoli culturali come le nostre città di ossigeno. Siamo convinti che arricchire la crescita dei bambini di oggi sia il modo più rivoluzionario per cambiare la nostra società.