È la più grande epidemia della storia e rischia di fare decine di migliaia di vittime, “la madre di tutte le epidemie”, quella che più si avvicina alle immagini catastrofiche che vediamo nei film, ed è più vicina a noi di quanto pensassimo. Nel pomeriggio di ieri un cittadino del Gambia, ospite del centro di accoglienza di via Tiburtina 449, è stato trasportato al policlinico universitario Umberto I per effettuare una serie di accertamenti, in modo da scongiurare l’ipotesi di contagio da virus dell’Ebola. Gli operatori del centro, infatti, dopo aver osservato un sospetto stato febbrile, hanno pensato bene di farlo sottoporre ad accertamenti del tutto precauzionali, ben consapevoli che la sola febbre non può essere sempre un campanello di allarme, anche perché il paese di provenienza potrebbe escludere grandi possibilità di aver contratto il virus in questione.

Secondo fonti sanitarie, una prima anamnesi effettuata dagli operatori del 118 avrebbe dato esito negativo. Ma per precauzione il paziente è stato comunque trasportato nel reparto di malattie infettive per accertare se possa aver contratto altri tipi di infezioni. Dunque non si tratta di Ebola poiché mancano i “criteri epidemiologici”, ma che malattia ha quest’uomo? Si parla addirittura di “mal di testa”, cosa che rende piuttosto palese che c’è stata fretta di smentire un ipotetico contagio, altrimenti dovrebbero mettere in quarantena il centinaio di clandestini ospiti del centro suddetto. Tuttavia, è bene ricordare che un test per riscontrare o meno la presenza del virus impiega minimo 24 ore per essere attendibile.
Nei giorni passati si era verificato un caso analogo. Un nigeriano era stato ricoverato nel reparto di malattie infettive dell’Istituto Spallanzani, aveva la febbre alta ed i medici lo avevano sottoposto alle analisi per escludere un caso di Ebola. Il rischio era stato scongiurato poiché, dalle prime analisi effettuate, l’uomo risultava affetto da malaria. Per fortuna in Italia ancora non c’è stato nessun caso di contagio, ma la paura per un’ipotetica diffusione di un virus letale c’è e si sente. E non bastano le parole del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che assicura che tutti i pazienti messi sotto osservazione sono risultati negativi: “In Italia sono moltissime le segnalazioni sospette pervenute al Ministero. Tutte si sono rivelate falsi allarmi. Sono stati chiesti, nella Legge di stabilità, cinque milioni di euro annui in più per aumentare i controlli e aiutare nel contrasto alla diffusione del virus e altri 8 per attivare l’ala in costruzione dell’Ospedale Spallanzani di Roma”.

I Pronto soccorso italiani sono preparati (ipse dixit) a far fronte ad un’eventuale emergenza per casi sospetti da virus Ebola, ed il protocollo di intervento predisposto dal ministero della Salute è arrivato a tutte le aziende sanitarie. Il personale medico romano e laziale ha partecipato ad un corso, organizzato dallo Spallanzani stesso, per apprendere come gestire un paziente quando c’è il sospetto che possa essere stato contagiato. La stessa struttura ospedaliera ha anche attivato un laboratorio mobile sull’Ebola in Liberia, con il finanziamento della Commissione europea e dell’Organizzazione mondiale della Sanità.
Parole di rassicurazione arrivano anche da Gian Alfonso Cinibel, presidente della Società italiana di medicina di emergenza-urgenza (Simeu): “La probabilità di un’epidemia di Ebola in Italia e in Occidente è molto bassa e vi sono altre malattie, come morbillo, Tbc e meningite, che hanno un impatto ben maggiore in termini di trasmissibilità”. Insomma, stare in allerta è giusto ma non bisognerebbe estremizzare; tuttavia, alla luce dei casi mondiali attualmente accertati, si sta gradualmente diffondendo anche nel “Bel Paese” un clima di paura e di psicosi.
Twitter: @Claudia78Pebola roma 2

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