In mostra Trevi: Roma si specchia
È il 1850 e davanti al Tritone del Bernini i romani si incontrano in una Piazza Barberini ancora campestre, fatta di edifici bassi e punteggiata di poche carrozze, punto di ritrovo popolare all’ombra della prestigiosa villa papale. Basteranno vent’anni e alle spalle della fontana si accenderanno le luci del lusso di una città destinata a diventare Capitale d’Italia. Cresceranno lo storico Hotel Bristol e il Teatro Quirino, la folla si assieperà all’ingresso del nuovo cinema, e Roma intera cambierà pelle, improvvisandosi palcoscenico per il nuovo ceto benestante di età post- unitaria, e culla di una popolazione che da 220 mila abitanti arriverà ai 2 milioni di oggi. Fino all’11 gennaio 2014 il Museo di Roma in Trastevere rilegge nel quartiere Trevi gli interventi urbanistici che hanno definito la facies della Roma moderna, e le storie, illustri e quotidiane, che lo hanno abitato negli ultimi secoli. Dalla fierezza di Mussolini che piccona Via Bissolati inaugurandola ‘nuova strada dell’urbe’, al panico dei turisti alla vista della Fontana di Trevi annacquata di rosso nel 2007, impresa dell’ anonimo “folle vandalo” che poi si scoprirà essere l’artista futurista Graziano Cecchini. Fino ad alcune piccole inaspettate sorprese, come il racconto di Alberto Sordi dell’attentato a Via Rasella durante un suo spettacolo.
In Trevi. Una Capitale allo Specchio gli scatti restituiscono l’immagine romantica di spazi silenziosi, spogliati dei claustrofobici fiumi di macchine attorno ai palazzi storici, finalmente liberi di svettare ancora più maestosi, plasmandosi nelle linee ondulate barocche, poi neoclassiche e razionaliste. Fuori dal rumore e dal caos Roma recupera il suo volto domestico di ‘salotto’ per le minuscole figurine che dentro le larghe gonne e gli alti cappelli di inizio 900, si muovono tra il neonato Palazzo delle Esposizioni e la vecchia Pasticceria Bella Napoli in Via Bissolati, in una linea cronologica scandita dalla costruzione di nuovi capolavori e dal succedersi di insegne luminose della Fiat o del Campari. Edifici che caratterizzeranno il futuro o particolari che moriranno all’alba di una nuova epoca, come l’aquila fascista in cima alla vecchia stazione termini.
Duecento testimonianze, tra incisioni settecentesche, fotografie di grande formato in bianco e nero, ed una decina di video provenienti dalle teche rai, ragionano sulle soluzioni topografiche più idonee che si sono succedute dalla fine dell’ 800 agli anni 50 del secolo scorso, in un’ ambiguità tutta romana che da una parte rende intoccabile la città storica, dall’ altra necessita di demolizione e sventramenti. Da una parte ambisce all’adeguamento al presente, dall’ altra trova il grugno diffidente e, più o meno giustificatamente, sfiduciato dei romani. Tra pedonalizzazioni, cantieri di metropolitane ed inaugurazioni di tunnel, un profetico e sempre attuale cronista degli anni 50 in occasione dei lavori della metro b racconta che “Con un po’ di pazienza i lavori giungeranno al termine, ma l’impressione è che romani siano stanchi“.