Se il femminicidio passa di moda

Come i tormentoni dell’estate svaniscono coi primi freddi, così pure la moda di impastarsi la bocca di femminicidio è passata. Ognuno ha detto la sua ma, come da Paese poco educato al senso civico e sociale, ci siamo fermati al dire. Per i fatti si aspetterà ottobre, il limite ultimo che si è dato il governo per predisporre un piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere.

Urgenza è stata l’immediata conclusione di tutti i dibattiti a tema femminicidio e forse lo è ancora, ma i passi in avanti che ci aspettavamo dopo l’attenzione spietata di media, Istituzioni e folle, ancora non si tramutano in nulla di concreto. Lo scorso anno il governo approvava il ddl di agosto; poco più di un mese fa entrava in vigore la Convenzione di Istanbul. E poi fondi promessi, campagne di sensibilizzazione, slogan più che pubblicità, che hanno solo ricordato a chi si sporca le mani nella realtà vera delle donne, quanto siamo bravi con le parole. I centri antiviolenza, che hanno vissuto sino ad ora di volontariato, precariato e per fortuna anche di passione, sono il simbolo dell’aiuto vero. A loro andranno, secondo le nuove disposizioni, circa tremila euro annui, che di certo non supportano di molto il già duro lavoro.

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Che il problema fosse da sradicare partendo dalla cultura lo abbiamo abbondantemente appurato, ma come? Le campanelle nelle scuole hanno iniziato a suonare e lì, dove tutto germoglia, non abbiamo inserito nessun piano concreto di educazione di genere, sessuale o semplicemente alla diversità. Le iniziative in questo senso sono rimesse ancora una volta all’impegno singolo di insegnanti o istituti che sul suolo nazionale hanno capito l’importanza di supportare le famiglie in campo educativo così delicato e che si adoperano ad organizzare corsi ad hoc o semplicemente ad informare o parlare di determinati temi. Evidentemente i tempi non sono ancora maturi per concretizzare quella giusta innovazione di cui la stessa Ministra Giannini, appena ereditato il Ministero dell’Istruzione, aveva esternato la necessità. L’urgenza è dunque una scuola in grado di educare all’alterità. L’urgenza è almeno un’ora d’amore a settimana, che è poi il nome della petizione lanciata da Celeste Costantino e indirizzata a Laura Boldrini proprio per sollecitare un impegno istituzionale concreto nel cammino della svolta culturale. Ricordiamoci che la moda passa, l’urgenza no. Per tutto il resto attendiamo le discussioni di fine ottobre. 

@MariaChiaraPier

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