Teatri di Vetro 8 in conferenza
«Non ci sono più le stagioni di una volta». Paolo Ruffini apre così la conferenza stampa di presentazione della nuova edizione di Teatri di Vetro, festival delle arti sceniche contemporanee. In questo settembre strano, dopo un’estate ancora più strana, anche la realtà che devono affrontare le stagioni teatrali non può che essere strana.
Quest’anno Teatri di Vetro si trova a occupare i cartelloni teatrali in un mese che non era mai stato suo: dal tradizionale svolgimento in primavera, si passa al periodo tra il 15 e il 23 settembre, in cui la capitale, grazie anche ad altri festival, affronta la fine delle vacanze a suon di arti. Anche i luoghi sono nuovi: da sette anni di casa al Palladium, l’edizione 2014 di Teatri di Vetro è stata sfrattata e ha trovato ospitalità in altri spazi. «Case magnifiche» dice Roberta Nicolai, direttrice del festival «in cui abbiamo traslocato; e come in un trasloco non puoi portare tutto. Devi prendere solo il necessario. E questa è la trama, il disegno dell’ottava edizione».
Di questa edizione della rassegna e degli spettacoli in programma Parolibero ha già parlato. La conferenza stampa è però – e così vuole la Nicolai – l’occasione di condividere il processo di elaborazione del progetto, compresi gli incontri con le istituzioni e i confronti con gli artisti. E questo è lo spunto per il dialogo plurale che ha visto la partecipazione dell’assessore alla Cultura e Politiche giovanili del Lazio Lidia Ravera e di Paolo Ruffini responsabile Ufficio Casa dei Teatri, del curatore musicale Enea Tomei e del curatore di effimero/permanente teatro Graziano Graziani, di Ludovica Marinucci di Nucleo Art-zine, una delle responsabili di “Pitti”, e infine di Luca Ricci responsabile dei progetti Network.
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Teatri di Vetro vuole dare un ritaglio della scena contemporanea. Un ritaglio che è ovviamente plurale, a partire dai linguaggi e dalle forme espresse, ma di cui si sottolinea anche lo sguardo soggettivo. Non a caso per la direttrice artistica il tema di quest’anno, “Specie protette”, va interpretato anche come una scelta personale: non si sceglie l’arte, ma si sceglie di curare l’arte come un fiore in via di estinzione per l’azione dell’uomo, il suo stile di vita e i suoi valori. E al centro del discorso, non solo l’arte, ma anche l’artista di teatro: «in questo periodo difficile, in cui la scena si definisce nomade, ibrida, in cui c’è assenza di spazi, in cui l’arte crede di non avere mai tempo, io ho scelto di stare dalla parte degli artisti», dice la Nicolai, che ha anche fortemente voluto il progetto “Pitti, piccoli testi (non solo) teorici” pagine bianche in cui si è data libera voce agli artisti del festival.
Chi fa teatro non può vivere aspettando fondi che potrebbero non arrivare, non può essere emarginato. Su questo insistono le parole di Lidia Ravera che, dopo aver ricordato i meriti di questa rassegna da sempre volta non a «coccolare» ma a «stimolare e formare il pubblico», rivendica l’importanza della nuova legge sullo spettacolo dal vivo che porterà stabilità e risorse: desiderio senz’altro condiviso, così come l’augurio dell’assessore che «i Teatri di Vetro diventino sempre un po’ meno fragili». Di progetti e di prospettive ne ha tanti questo festival a cui lo spazio del festival va sempre più stretto: la Nicolai ci dice che ognuno dei lavori presentati (con quel filo rosso che lega il primo effimero/permanente sullo spettacolo Al presente di Manfredini, all’ultimo On the market di Indaco/Laura Boato) avrebbe bisogno di un incontro a sé, e che il sogno di Teatri di Vetro sarebbe di avere una casa tutta sua. Intanto, per il momento, si prende cura di alcuni fiori preziosi e «continua a coltivare un giardino, sperando diventi parte della quotidianità».
Twitter: @CardinaliRob