L’11 Settembre 2001, l’eredità di Al Qaeda, il terrorismo di oggi
11/09/2001-11/09/2014, tredici anni sono trascorsi da quel giorno, ma i ricordi non sono svaniti. Restano vividi e ben definiti nelle menti dell’intera umanità: l’orologio segna le 8 e 46 minuti del mattino quando il boeing 767 dell’American Airlines 11 si schianta ad una velocità di circa 790 chilometri orari tra il 93° e il 99° piano della Torre Nord del World Trade Center a New York. L’aereo entra all’interno della Torre provocando un incendio. Qualche minuto dopo, alle 9.03 il volo 175 della American Airlines colpisce anche la Torre Sud. Mezz’ora dopo un Boeing 757 viene lanciato contro una sezione del Pentagono. Parallelamente, alle 10.03 arriva la notizia che un altro aereo è precipitato in aperta campagna in Pennsylvania.
Da quell’11 settembre 2001 il mondo conosce Al-Qaeda, inizia a respirare l’odore generato dal terrorismo islamico e a convivere con i suoi imprevedibili attacchi. Ma da quell’11 settembre 2001, cos’è cambiato? Come si è evoluto e come si è ramificato il terrorismo di matrice jihadista? La morte di Bin Laden ha smantellato la cosiddetta “galassia del terrore“? Sarebbe bello e consolatorio poter rispondere con un “si” all’ultima di queste domande. Purtroppo Al Qaeda non è morta insieme ai suoi leader, Al Zarqawi e Osama Bin laden, anzi si è evoluta in varie sigle e si è ramificata in diverse aree del mondo, continuando a costituire, con livelli diversi di pericolosità, una costante minaccia per la sicurezza e la stabilità internazionale.
Qualche giorno fa l’appello dell’attuale leader di Al-Qaeda, Al Zawahiri, ha rivelato che la multinazionale del terrore jihadista ha una nuova filiale e si chiama Al Hind che, come anticipato dal nome, avrà la sua centrale operativa in India. Questo, quanto dichiarato dal 63enne qaedista in un videomessaggio della durata di quasi un’ora: è chiaro, l’annuncio vuole essere una palese dichiarazione della volontà da parte della base-madre (Al Qaeda) di riguadagnare terreno, in particolar modo rispetto agli uomini dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e della Siria), riappropriandosi del ruolo centrale nella lotta al nemico occidentale. Ormai i vecchi tempi sono sfioriti e la rete del terrore non è più coesa come una volta, ma si presenta estremamente frammentata: esistono cellule sparse in gran parte del mondo che non rispondono più agli ordini di Al Qaeda. Per farsi un’idea dell’estrema polarizzazione dell’universo del terrore jihadista basta dare uno sguardo alla situazione attuale che stanno attraversando molti paesi del mondo arabo-islamico.
Al momento l’Iraq è la patria delle milizie del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi, che vogliono istituire uno Stato islamico che si estenda dalla Siria comprendendo la Penisola Iberica. Gli uomini dell’Isis provengono da diversi Paesi del mondo (molti sono occidentali). L’organizzazione nasce nel 2006 quando le truppe americane in Iraq combattevano contro i qaedisti. E’ in quel momento che i fondatori dell’Isis si sono staccati dalla “casa madre” per perseguire una nuova strategia. Si finanziano, presumibilmente, con fondi provenienti dagli Stati del Golfo. Rispondono unicamente ad Al-Baghdadi e al momento continuano a combattere contro i curdi nel nord dell’Iraq per mettere le mani su petrolio e sorgenti di acqua. Hanno decapitato due giornalisti americani, James Foley e Steven Sotloff, scatenando orrore in tutto il mondo. Oggi rappresentano la maggiore minaccia contro l’Occidente in terra medio orientale.
Il Nord Africa è nelle mani dell’ Aqim, filiale qaedista operativa in Algeria, Libia, Mauritania, Tunisia, Mali, Niger, Senegal e Nigeria. Oltre ad Al Qaeda in Nigeria troviamo operative le truppe di Boko Haram, responsabili, tra l’altro, del rapimento di oltre 200 studentesse. Il gruppo islamista nato nel nord della Nigeria, punta a creare uno stato islamico nel nord del Paese e a ripulire etnicamente la regione dalla minoranza cristiana. All’inizio Boko Haram era concentrato soltanto in Nigeria, poi dal 2009 il gruppo ha adottato una strategia più transazionale, sotto i colpi dell’offensiva dell’esercito nigeriano che ha costretto i leader del gruppo a cercare rifugio nel Mali e a chiedere l’aiuto di Al Qaeda nel Maghreb islamico. In Somalia il terrore ha un altro nome, si chiama Al Shabaab, che in arabo significa “i giovani”. Il gruppo opera con attentati e rapimenti anche in altri Paesi, come il Kenya e l’Uganda. In Egitto, la principale cellula jihadista è Jamat al Islamiya. Il gruppo è ritenuto responsabile dell’uccisione del presidente egiziano Sadat nel 1981 e di centinaia di civili, tra cui molti turisti. Quanto al Pakistan e all’Afghanistan, questi sono un po’ i Paesi che rappresentano la casa di Al Qaeda. Al momento, però, anche qui esistono cellule ribelli, che non rispondono direttamente all’autorità centrale. I talebani afghani mal sopportano la struttura gerarchica qaedista, e anche in Pakistan l gruppo dei Tehrik-i-Taliban spesso si dissocia dalle linee guida di Al-Zawahiri per portare avanti una strategia del tutto autonoma.
Per chiunque abbia l’onestà di guardare la realtà, il bilancio è abbastanza chiaro. I gruppi militanti legati in qualche modo alla visione di Al Qaeda hanno messo radici quasi ovunque accanto a decine di cellule minori e sacche di estremisti diffuse in tutto il mondo.