Il temuto Islam italiano
L’Italia, Roma in particolare, nonostante vanti ormai da molto tempo la condizione di Stato laico a tutti gli effetti, rappresenta comunque la principale cornice della religione cattolica. E il motivo di tutto questo non è così difficile da scovare, considerando l’imponente presenza della Santa Sede.
La divisione tra potere temporale e spirituale è ormai un concetto, teoricamente, consolidato ma, come spesso accade, difficilmente si riesce a rimanere nei confini di alcuni determinati principi. Fu esattamente il 18 febbraio 1984 la data che segnò la stipulazione di una serie di patti volti a regolare le condizioni della religione e della Chiesa in Italia, attraverso l’accordo di Villa Madama, a Roma giustappunto. Si trattava della revisione dei Patti Lateranensi e si sanciva la netta divisione tra Stato e Chiesa, eliminando il concetto di religione cattolica come religione di Stato e, conseguentemente, rafforzando il principio di laicità dell’ ultimo. Visto che siamo in vena di ripasso della Storia e di chiarimenti a 360 gradi, ricordiamo cosa comporta essere uno Stato laico: uno Stato laico rifugge da qualsiasi mitologia ufficiale, ideologia o religione di Stato, e lo abbiamo detto; uno Stato laico riconosce e tutela i diritti di libertà di tutti i suoi cittadini quali libertà di pensiero, di parola, di riunione, di associazione, di culto, ecc. compatibilmente con le proprie leggi e ordinamenti; uno Stato laico è imparziale rispetto alle differenti religioni e ideologie presenti al suo interno, e garantisce l’eguaglianza giuridica di tutti i cittadini, senza discriminarli sulla base delle loro convinzioni e fedi. I principi sono moltissimi ma questi tre riassumono in pieno i punti fondamentali della questione; soprattutto l’ultimo. Questo è anche teorizzato da una legge specifica, presente all’interno dell’articolo 19 della nostra Costituzione, che recita: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. E per buon costume si intende il tutelare gli eventuali credenti da manipolazioni di personalità, la propria identità sessuale, la salute fisica e psichica delle persone.
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Chiarito ciò, passeggiando per le strade italiane e, nello specifico, romane, non può non saltare all’occhio la grande presenza di etnie di tutti i tipi: cinesi, nordafricani, subsahariani, pakistani, bengalesi, latinoamericani. Eccetto questi ultimi, praticanti cattolici anche molto convinti, tutti gli altri appartengono notoriamente a dottrine molto diverse dalle nostre e più o meno ingombranti dal punto di vista dell’effetto che hanno sulla società. Siamo d’accordo che l’islam, religione praticata dalla maggior parte delle etnie presenti nel nostro Paese, vista la sua espansione a macchia d’olio in varie aree geografiche, rappresenti un tipo di religione inscindibile con la società. Inscindibile e che ne detta anche le regole. Abbinata alla shari’a, la legge di Allah, la cui maggiore fonte è rappresentata dal Corano, al solo sentir pronunciare la parola islam, di questi tempi, si inizia tremare e, purtroppo, non senza fondamenti. Al di là della suggestiva e classica immagine delle donne con il capo, se non il volto, coperto, oramai l’islam è spesso considerato la fonte primaria del terrorismo internazionale, delle bombe, delle decapitazioni. Con tutta l’apertura possibile verso il diverso, la multiculturalità e la laicità appunto ma cercando, allo stesso tempo, di essere onesti con noi stessi e schivando per una volta i soliti buonismi, dobbiamo ammettere che non è facile impermeabilizzare il nostro atteggiamento dalla paura, dalla circospezione e da un minimo di polemica e tacita ribellione nei confronti dei praticanti musulmani, facendone, purtroppo, di tutta l’erba un fascio. Siamo portati a questo a causa di quello che sta accadendo non troppo lontano dalla nostra Terra e da quella serie di legislazioni extra – sciaritiche che sono state emanate dai numerosi gruppi di fondamentalisti formatisi negli ultimi anni. Per risolvere questioni interne, date dalle infinite dottrine presenti nell’islam ed esterne, mosse da quel senso di odio profondo verso la cultura occidentale, con Stati Uniti in prima linea, il concetto originario di islam ha perso completamente la sua ideologia. Adesso tutto è all’insegna di legislazioni fatte a pura discrezione di un gruppo di fanatici che del Corano, forse, sa meno di noi e che si serve di questo per manie di potenza e rabbia repressa.
In Italia esistono circa ottocento luoghi di culto dell’islam, questi i dati risultanti da analisi fatte dalle unità operative di Antiterrorismo nostrane. Solamente a Roma i luoghi di culto censiti e regolari risultano essere trenta ma, ufficiosamente, raggiungono i cento centri effettivi, improvvisati in dei garage, scantinati o cantine. Questi luoghi, originariamente adibiti ad altre funzioni e ospitanti, in occasioni delle preghiere, molte più persone di quelle accettate, sicuramente non rispettano i canoni urbanistici o di sicurezza e non avranno uno statuto, documento necessario di cui un’associazione o aggregazione deve disporre per garantire il rispetto verso l’ordinamento giuridico italiano. E su questo aspetto è bene monitorare e far rispettare le leggi. Uno degli ultimi casi denuncianti questa situazione è stata la chiusura di una moschea abusiva del quartiere romano di Torpignattara, notoriamente multietnico, la quale, però, era stata trasferita, per concessione del presindente del V Municipio Giammarco Palmieri, nella ex-sala consiliare dell’ex VI municipio per il periodo di agosto. Terminato il mese Palmieri non ha rinnovato il permesso, considerato che quello era il termine inizialmente stabilito: «Credo che in un quartiere con una presenza così forte di islamici occorra individuare un’area adatta allo svolgimento delle loro funzioni religiose. Per me è necessario realizzare un nuovo luogo di culto. È un tema che non può più essere eluso». Queste le parole rilasciate dal Presidente del Municipio in questione a Libero, che si è impegnato in un intenso reportage riguardante l’attività islamica in Italia. Le riflessioni che poi sono uscite fuori dalla bocca degli esponenti della destra conservatrice e decorosa sono andate fuori dal seminato, creando così del sensazionalismo e seminando il panico riguardo presenze di cellule terroristiche qui in Italia. La prudenza è necessaria e ben venga l’operato delle unità operative antiterrorismo per monitorare la situazione, ma da qui a iniziare un processo alle intenzioni, a puntare il dito contro il fatto che, durante le riunioni dei musulmani nell’ex sala del Municipio, era affissa l’immagine di Napolitano e il tricolore, a sproloquiare e tacciare di mancanza di buon gusto il Pd, il quale ha concesso e permesso questo “sacrilegio” nei confronti della nostra sensibilità patriottistica (quale?), forse ce ne vuole. Fabrizio Santori, consigliere regionale del Lazio, nel suo blog ha creato una sorta di manifesto anti islam, collezionando sotto forma di collage, i vari articoli allarmisti riguardanti la presenza musulmana in Italia…Nella sua collezione però mancano, forse gli sono sfuggiti, quelli sulle proposte di Forza Italia, che vorrebbero porre l’obbligo di proferire in lingua italiana preghiere e dialoghi nei centri di culto. Tutti discorsi che trovano, nella paura del terrorismo, il capro espiatorio per proseguire sulla linea della lotta contro l’immigrazione e dell’odio verso gli stranieri. Cerchiamo allora di differenziarci da chi, dietro pretesti di vario tipo, porta avanti discorsi e lotte solo per perseguire i propri scopi idealistici, e anche un pò retrò; cerchiamo di proteggere il bene comune e la sicurezza facendo fare a chi di dovere il proprio mestiere, che sia di diplomazia, di monitoraggio, di controllo e di intervento quando necessario, ma proviamo a non utilizzare questo difficile momento storico come occasione per sputare le proprie sentenze seminando il panico.