Ebola: la febbre emorragica

Sessanta giorni: sono il tempo che il primo ministro inglese, David Cameron, e la fondazione con scopi di beneficenza e promozione della scienza, Wellcome Trust, si danno per porre fine al “caso Ebola”.

Due mesi per arrivare a risultati concreti: perché questa febbre ha un tasso di mortalità troppo elevato, circa il 90%. Servirà più tempo, ovviamente, per riuscire a “tenere a bada” il virus.
Il governo britannico, in collaborazione con Wellcome Trust, ha avviato un programma di emergenza sulle modalità di trasmissione dell’Ebola. Secondo il quotidiano “The Indipendent”, sono stati stanziati un totale di 6,5 milioni di euro da parte della stessa fondazione e dal ministero dello Sviluppo internazionale, guidato da Justine Greening, secondo la quale l’obiettivo è quello di «equipaggiare al meglio quelli che lavorano sul fronte, in modo che possano controllare lo scoppio dell’epidemia nel migliore dei modi possibile». Le autorità promuoventi hanno annunciato: «Cercheremo di superare le carenze infrastrutturali di quei paesi». Jeremy Farrar, direttore del Wellcome Trust rincara la dose: «Una ricerca rapida sugli interventi umanitari e terapeutici può servire al trattamento e contenimento dell’epidemia in corso. Ciò che stiamo imparando ora, inoltre, potrà cambiare anche l’approccio alle future epidemie, fornendoci strumenti testati e tecniche che finora non erano disponibili alle pubbliche autorità di salute».
Il governo inglese ha ufficialmente lanciato un appello rivolto a scienziati e ricercatori per combattere l’epidemia.

Di cosa si tratta. L’Ebola è una febbre emorragica che può divenire fatale per l’uomo. Si tratta di un virus Rna della famiglia dei Filoviridae e ne sono stati individuati cinque sottotipi. Il nome deriva dal fiume della località in cui si è sviluppata una delle prime epidemie del virus nella Repubblica Democratica del Congo.

Caso Usa. Meno di un mese fa, negli Stati Uniti, un medico, Kent Brantly, e un’infermiera, Nancy Wristebol, sono stati contagiati dalla pericolosa febbre mentre prestavano assistenza in Liberia. Ovviamente, i due sono stati subito isolati e, ad oggi, si tratta di una brutta storia ormai conclusa poiché Bruce Ribner, direttore del reparto malattie infettive dell’EmoryUniversity Hospital di Atlanta , ha annunciato: «Le loro analisi del sangue sono risultate negative al virus per più giorni, i due pazienti non rappresentano un rischio per la salute pubblica e ci aspettiamo una completa ripresa». Una volta effettuata la diagnosi, i due missionari dell’organizzazione cristiana Samaritan Purseun sono stati portati nuovamente negli Stati Uniti e, anche se non è ancora stato compreso il suo ruolo nella guarigione, gli è stato iniettato il siero sperimentale Zmapp.
L’Emory ha indetto una conferenza stampa, nel corso della quale Ribner ha dichiarato: «I risultati di una serie di rigorose analisi e test condotti su di loro hanno determinato che sono sani. Le loro condizioni non costituiscono alcun pericolo per la salute pubblica».

Caso italiano. Una ragazza italiana di 23 anni è stata ricoverata nell’ospedale di Haseki di Istanbul, poiché si sospetta che abbia contratto l’Ebola nel corso di un viaggio in Nigeria. Il primo sospetto, motivo per cui la ragazza è stata fermata, era quello di aver contratto la malaria. La ragazza è stata momentaneamente posta in isolamento nell’attesa che i suoi sintomi vengano confermati.

L’Onu inizia a preoccuparsi. L’Ebola sembra essere la malattia della nuova era, tanto che anche l’Onu inizia a preoccuparsi. Il coordinatore Onu, David Nabarro, ha iniziato un tour dei Paesi africani colpiti da questa malattia: la prima tappa è proprio la Liberia. Nabarro ha affermato: «Quello che sono determinato a fare è quello di garantire che ogni elemento del nostro apparato sia la suo livello ottimale per poter affrontare una fiammata, se necessario».
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha affermato che tra il 19 e il 20 agosto sono stati segnalati 142 casi di malattia causata dal virus Ebola e 77 decessi in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone. Il numero totale di casi oggi ammonta a 2.615. Fortunatamente, nessun caso in Europa. Fadela Chaib, portavoce Oms, ha tuttavia ammesso: «Nessuno sa quando l’attuale crisi di Ebola finirà».

Anticorpi artificiali. Secondo la rivista ACS Chemical Biology, il consorzio “Viral Hemorrhagic Fever Immunotherapeutic Consortium” (VIC), coordinato da Erica Ollmann Saphire de The Scripps Research Institute (TSRI), ha sviluppato due anticorpi artificiali che dovrebbero proteggere dal virus Ebola. Tuttavia, gli anticorpi ricavati dallo studio di Johnatan Lay dell’Albert Einstein College of Medicine a New York riguardano solo il ceppo di Ebola del Sudan.

Segno della pace come possibilità di contagio. Poiché le precauzioni non sono mai troppe, la Chiesa di Benin ha invitato i fedeli ad «omettere il rito dello scambio della pace» durante la Messa per evitare il contagio, in vista del pellegrinaggio a Dassa per il quale è prevista un’elevata partecipazione. Oltre a ciò, non è mancato l’invito a dare la Comunione «preferibilmente nelle mani».

 

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