«Conflitto d’interessi» e «Restituzione dell’IMU»: tutte le balle Pd-Pdl un anno dopo

Era il 25 febbraio 2013, le urne si chiudevano e si apriva, per l’Italia, una nuova era, indubbiamente diversa per tanti versi da quella precedente. Si passava, quasi certamente, da un esecutivo tecnico a quello politico e alcune forze si apprestavano a fare il loro esordio nel Parlamento: vedasi Sel, Fratelli d’Italia, Scelta Civica e il Movimento 5 Stelle.

Da quelle giornate di totale incertezza tra uno streaming e un’elezione del Presidente della Repubblica, tra i giovani che in piazza chiedevano il nome di Rodotà e quelli che continuavano invano a cercar lavoro senza far notizia, di giorni ne sono passati 528 e, forse, un primo esame su ciò che da allora è successo si può fare.

I due candidati più accreditati per governare il paese erano Pd e Pdl, centro-sinistra e centro-destra che promisero per tutta la durata della campagna elettorale di mai replicare l’esperienza della “ammucchiata” di «necessità» per il Paese del Governo Monti. Poi, puntualmente, si ritrovarono insieme uniti per un esecutivo che stavolta era di «servizio per il Paese», guidato da un Premier – l’ennesimo – non votato dagli elettori ma scelto da Giorgio Napolitano. Di lì a poco i due candidati Premier scomparvero: Bersani distrutto dai franchi tiratori del suo partito e Berlusconi allontanato dal Senato per effetto di una legge votata dal suo stesso partito (Severino, ndr). Il Pdl, peraltro, non esiste più, scissosi infatti tra il Nuovo Centro Destra e la nuova – ma neanche tanto – Forza Italia. Il Pd, quel Pd, non esiste più: di segretari ne sono passati due e la linea politica, passando per Epifani, sembra aver decisamente #cambiatoverso – e platee – con l’avvento di Matteo Renzi.
Da allora, che si ricordi, nessuno ha più votato per il Parlamento italiano eppure sembra che un 41% degli italiani abbia richiesto al partito attualmente della maggioranza «riforme» della Costituzione – da condividere con l’attuale terzo partito del Paese – più abolizione del CNEL e altre piccole misure di facciata.
Ma siamo sicuri che il Partito Democratico e il Pdl siano stati votati per far ciò? A noi non risulta.

Leggendo fonti Ansa, il Pd prometteva in campagna elettorale di «uscire dalla gabbia dell’austerità», eppure nessun patto europeo è stato da allora toccato e i timidi miagolii di Renzi sono stati presto distrutti dalla Merkel e dall’entourage europeo, certo meno magnanimi degli house organ del Partito Democratico. Ma non è quella relativa all’Europa l’unica misura economica disattesa: tabula rasa v’è infatti sulle promesse del Pd «misure urgenti sul fronte sociale e del lavoro» e su quelle del Pdl «revisione dei poteri di Equitalia» (votata recentemente, sì, ma da Pd e 5 Stelle con voto contro di Forza Italia), «riconoscimento alle impese di detrazioni se assumono giovani», «sburocratizzazione delle attività di impresa». Silenzio sulla ormai celeberrima «restituzione importi IMU versati nel 2012», che forse la casalinga di Voghera e qualche nonnino stanno ancora aspettando in fila alle poste del paese.
E che dire delle altre novità “politiche” promesse dal Pd? Il manifesto dei punti programmatici di Bersani – quello, l’unico votato veramente per far qualcosa in Parlamento – prevedeva, tra le altre, «conflitto di interessi, incandidabilità e ineleggibilità»: una barzelletta se messo a confronto con i Padri costituenti scelti da Renzi e con l’immunità parlamentare votata proprio due giorni fa a larga maggioranza sinistra-destra. Silenzio anche sui promessi e sbandierati (ormai da decenni, ma tanto ci cascano sempre) ius soli e diritti civili per gli omosessuali (seppur qualche barlume pare si stia aprendo).
Eppure, su alcune parti sembra che una delle due parti sia stata fedele ai propri impegni presi in campagna elettorale. Almeno, ad alcuni. Pur essendo all’opposizione, sembra infatti che il Pdl potrebbe vedere avverati alcuni suoi punti programmatici / desideri del suo fondatore. Quali? «Riforma della giustizia», come pure «elezione diretta del Presidente della Repubblica» (ventilata ripetutamente da Maria Elena Boschi) e «rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio», che è uno dei perni della riforma costituzionale voluta dal Governo Renzi.
Sembra assurdo rileggere i programmi elettorali proposti non più di «1000 giorni fa» (cit) e osservare le incredibili promesse disattese dalle due forze politiche. Così come fa sorridere vedere quale tra i due programmi, effettivamente, sta venendo portato avanti dall’esecutivo guidato dall’ex Sindaco di Firenze. Occhio, quindi: d’ora in poi dare del bugiardo a Berlusconi per le promesse in campagna elettorale potrebbe non essere reato, ma rischia di essere una frottola.

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