L’ebola, i migranti e la fabbrica della paura
L’epidemia di ebola che ha colpito l’Africa Occidentale è la più grave da quando – nel 1976 – è stata scoperta. I casi fuori dai paesi colpiti, però, sono pochi e chi presentava sintomi sospetti è stato immediatamente posto sotto osservazione. In Italia, per il momento, a dilagare più che l’epidemia è la paranoia e, soprattutto, la fobia degli untori del nuovo millennio: i migranti.
Le grandi compagnie aeree bloccano i voli, mentre il summit dell’Oms a Ginevra dirà se è emergenza internazionale o meno. Nelle ultime ore, il numero elevato dei decessi e l’uscita del virus dal continente africano con il rimpatrio dei membri dell’equipe che, in Liberia, erano stati contagiati dopo essersi presi cura di alcuni malati, hanno alzato il livello dell’allerta su una possibile diffusione della febbre emorragica. Allo stato attuale, visti possibili metodi di contagio e il rapido decorso del virus, le autorità sanitarie escludono che possa verificarsi e assicurano di essere in grado di fronteggiare i rischi. Più difficile è frenare la psicosi da contagio, che miete vittime già da diversi mesi. Alimentata da deliri complottisti e sparate razziste, in Italia la “minaccia ebola” ha fatto la sua comparsa in campagna elettorale, cavalcata da chi ha avuto tutto l’interesse a soffiare sui sentimenti anti immigrati per raggranellare voti. L’allarme sanitario e il refrain del “e nessuno ne parla” si sono uniti in una spirale diabolica: mentre ancora l’epidemia era circoscritta, a diffondersi erano solo la paura e l’odio verso “l’invasione” dei nostri sacri confini a opera di untori pronti a diffondere il morbo letale, mentre – ovviamente – il governo era a conoscenza di scenari apocalittici che nascondeva ai cittadini. Al grido di “dagli all’untore”, quindi, si è alimentata sempre più la convinzione che quei disperati sui barconi fossero un rischio, anzi IL rischio, per la vita di tutti. “Ne basta uno infetto” – dice qualcuno – e loro “arrivano a branchi” , gli fanno eco. {ads1} Un allarmismo ingiustificato, a cui si sono unite le immancabili bufale su interi reparti ospedalieri sotto osservazione o CIE blindati a causa di migranti contagiati. Ma si sa, l’importante è il messaggio. Da Magdi Allam e Iva Zanicchi – indimenticabili autori di vignette come “Benvenuta in Italia, come ti chiami bella bambina? Ebola” e proclami profetici “Ricordate questa parola: Ebola. Sta arrivando” – fino alla sempreverde Lega Nord e ai complottisti da tastiera, tutti avevano una certezza: è solo questione di tempo, i clandestini ci infetteranno tutti. Ora che la diffusione appare innegabilmente più difficile da controllare, i profeti di sventura hanno un’unica soluzione: chiudere le frontiere, interrompere le operazioni di salvataggio e abbandonare i migranti in mare. I più magnanimi, come quelli della Lega Nord in Lombardia, chiedono una quarantena preventiva nei centri di accoglienza. Se è vero che non si deve sottovalutare l’allarme ebola, è altrettanto vero che, per il momento, nulla autorizza ad asserire che il virus sta per arrivare anche in Italia. Per adesso, anche per chi viaggia o risiede nei Paesi colpiti il rischio è molto basso, dicono i medici, a patto che si rispettino le dovute precauzioni. La pervasività del messaggio xenofobo e la sua innegabile fortuna però, dimostrano come a nulla valgano le spiegazioni razionali di fronte alla disinformazione e alla fabbrica della paura. Identificare nei migranti i veicoli di diffusione rimane un atto ingiusto e strumentale ancor più che, come spiegano gli esperti di malattie infettive, i tempi di incubazione del virus sono rapidi (dai 2 ai 20 giorni) e dalla comparsa dei sintomi al decesso (nel 70% dei casi) non passano che pochi giorni, mentre chi riesce a raggiungere le coste italiane ha intrapreso quel viaggio della speranza da mesi, spesso da anni.