Dopo di noi, chi si occuperà di loro?

Che ne sarà #dopodinoi? Questo il dubbio che grava sulla già difficile esistenza dei genitori con figli disabili non autonomi. Una risposta, anzi una garanzia, che oltre il 15% delle famiglie italiane pretende dallo Stato.

È Ileana Argentin, deputata PD da più legislature, affetta in prima persona da una grave patologia neuromuscolare, a farsi ancora una volta portavoce di questa battaglia.
Nel nostro paese sono infatti circa 2 milioni e 600 mila i disabili gravi e non auto sufficienti, la cui sussistenza quotidiana dipende completamente quasi esclusivamente dall’assistenza fornita dai familiari più prossimi. Ma se la sofferenza è eterna, i genitori non lo sono: per questo, perché queste persone possano continuare a vivere dignitosamente ed umanamente – e non solo sopravvivere – dopo la scomparsa dei parenti prossimi, è necessario riempire al più presto il vuoto legislativo in cui versa questa delicata questione.
Il decreto 328/2000, la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali fa capo al principio generale secondo il quale << La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione>>. Tuttavia, pur fornendo le linee guida della macchina burocratica, esso manca di concretezza circa le aspettative legate al futuro pratico di questi individui.
Nel corso degli anni, l’ On. Argentin si è fatta più volte promotrice di una proposta di legge che però non è mai stata promulgata. <<Tutti i genitori che ho conosciuto, con un figlio disabile, hanno come grande e a volte unica preoccupazione il “dopo”. Il momento in cui diventeranno vecchi e non potranno più assistere il figlio che non è in grado di far fronte autonomamente alle necessità della vita quotidiana. La legge che ho proposto parte proprio da quest’ansia, a cui vuole dare una risposta, garantendo l’assistenza al disabile nella propria abitazione o il progressivo inserimento in comunità familiari e case famiglia>>. 
Dalla presentazione presso la commissione Affari Sociali della Camera fino alla costituzione di un testo unico, il passo è lungo. Ed è così che l’appello si è trasformato in una petizione on-line pubblicata sul sito Change.org, che in un mese ha raccolto più di 77.500 adesioni. <<Il tempo è inesorabile, come sappiamo. Per questo chiedo ai Presidenti di Camera e Senato e ai Capigruppo di tutti i partiti di velocizzare il più possibile l’iter>>, dichiara la parlamentare. L’obiettivo è infatti quello di vedere approvata la legge entro il prossimo 3 dicembre, data in cui ricorre la Giornata Internazionale della disabilità.
A far discutere è l’idea di istituire un fondo, con risorse pubbliche o private, per finanziare progetti e programmi di intervento ad hoc a cura di ONLUS, cooperative e case famiglia. Si chiede a gran voce di alimentare il sistema dell’assistenza domiciliare indiretta, una valida alternativa per garantire ad anziani e disabili una continuità con i propri luoghi e i propri affetti.

L’urgenza posta all’attenzione mediatica dall’appello di #dopodinoi fa riflettere tutti sulle esigenze irrinunciabili della cittadinanza e le contraddizioni eludibili di uno Stato che dimentica quelle che prima di essere “minoranze” sono le sue parti vitali. In un’ Italia dove un Fondo per le Politiche Sociali difatti esiste già, mentre lo Stato Sociale si conferma in pratica drammaticamente latitante. Si nasconde dietro molteplici cavilli, lunghe trafile e continue richieste di fondi; investimenti che favoriscono la privatizzazione incoraggiando la concentrazioni di capitali e interessi, attirando così le solite partite disoneste per ottenere appalti e finanziamenti.                                                                 Distribuire opportunità di guadagno a privati in cambio di servizi collettivi carenti non è Welfare: è un brutto film già visto, dove l’ingranaggio consuma denaro, ma i servizi mancano. Un film prepotente che coivolge minori, orfani, anziani, diabile e in ultimo coinvolge prepotentemente anche gestione dei centri di identificazione ed accoglienza dei migranti.
Se lo stato sapesse investire sulla propria efficienza con la stessa energia con la quale dimostra di saper raccogliere fondi per trasformarli in un opaco nulla di fatto, allora si che potremmo cominciare a definirci un paese civilizzato.
Cosa lasceremo #dopodinoi?

Twitter: @AriannaFraccon

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