Fecondazione eterologa: le linee guida della Lorenzin
“La fecondazione eterologa sarà a carico del Servizio Sanitario Nazionale e sarà inserita nei Livelli essenziali di assistenza in sede di prossimo aggiornamento”. Questo quanto affermato, il 28 luglio scorso, dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin in audizione in commissione Affari sociali alla Camera, dove sono state presentate le conclusioni alle quali è giunto il tavolo tecnico convocato dal Ministro stesso, nonché i contenuti del decreto legge che regolerà tale pratica in Italia.
“Le direzioni competenti del Ministero della Salute hanno già lavorato alle indicazioni provenienti dal tavolo degli esperti per tradurle in contenuti di norme, di concerto con l’ufficio legislativo: l’obiettivo è quello di mettere regioni e centri PMA in condizioni di partire subito con l’eterologa, appena approvato il decreto legge che ho intenzione di proporre in uno dei prossimi Consigli dei ministri, prima della pausa estiva”, ha precisato il Ministro della Salute.
Per ben comprendere il significato di tale “riforma”, è necessario capire cosa si intende per fecondazione eterologa e come questa pratica era stata precedentemente regolamentata in Italia. La fecondazione artificiale, o assistita, è quel processo attraverso il quale si attua l’unione dei gameti artificialmente, tramite l’osservazione al microscopio. Quando il seme e l’ovulo utilizzati nella fecondazione assistita appartengono alla coppia di genitori del nascituro, si parla di fecondazione omologa. Al contrario, si parla di fecondazione eterologa quando il seme oppure l’ovulo provengono da un soggetto esterno alla coppia.
Tutte queste pratiche sono state oggetto di un articolato dibattito a seguito del quale era stata varata la legge 19 febbraio 2004 n. 40 che ne vietava il ricorso. Nel corso degli anni la legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita è stata in vari punti riscritta con sentenza della Corte costituzionale. Sono quattro, in particolare, i “pilastri” della legge precedentemente abbattuti dai giudici: il divieto di produzione di più di tre embrioni, l’obbligo di impianto contemporaneo di tutti gli embrioni prodotti, il divieto di diagnosi reimpianto e, da ultimo, il divieto di fecondazione eterologa. Con la sentenza del 10 giugno 2014, n. 162 la Corte ha posto termine alle innumerevoli richieste di intervento che le sono pervenute negli anni, dai giudici che, trovandosi a dover decidere sulle istanze dei cittadini, non potevano fare a meno di dubitare della coerenza con i principi costituzionali di quella parte della legge 40 che disponeva il divieto “assoluto” di procedere all’accesso alla fecondazione di tipo eterologo, in un modo che è stato, definitivamente, considerato contrario allo spirito della Costituzione.
La bozza del nuovo decreto, presentata dalla Lorenzin, si articola in pochi, ma ben chiari e definiti, punti. Innanzitutto, tiene conto sia dell’anonimato dei donatori che della gratuità della donazione. Quanto al primo aspetto, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei, in cui è fatto assoluto divieto di risalire al genitore biologico, le linee guida italiane sembrano prevedere tale possibilità per motivi di salute: sostanzialmente, nel caso in cui venisse diagnosticata una malattia ereditaria, un Tribunale potrebbe giudicare opportuno risalire al genitore biologico, quando questi abbia dato esplicito consenso. D’altra parte, è rilevato dalla commissione di esperti come la mediazione tra il diritto alla privacy totale e quello di conoscere il proprio genitore sia riconosciuta anche nelle sentenze della Corte di giustizia europea. Per quel che riguarda le modalità della donazione, le nuove linee guida mirano a garantire che la messa a disposizione di ovuli e gameti non diventi uno scambio commerciale: si propone, quindi, un sistema di rimborsabilità, al pari di quanto avviene con le altre donazioni come quelle di midollo, che miri a coprire le spese sostenute per il tempo necessario alla donazione.
Gli altri aspetti principali del decreto, dunque, risultano essere i seguenti:
• il limite d’età dei donatori fissato a 35 anni per le donne e a 40 per gli uomini;
• il genitore che dona il seme o l’ovulo potrà generare al massimo 10 figli (con deroga nel caso in cui una famiglia chieda più figli dallo stesso donatore). La ratio di un limite massimo, ha spiegato il Ministro, è quella di evitare che ci sia un numero eccessivo di figli dallo stesso donatore, riducendo al minimo possibili unioni inconsapevoli fra nati da eterologa;
• la possibilità di accesso ai dati clinici del donatore nel caso di gravi malattie del figlio (per eventuali donazioni anonime di cellule e tessuti);
• l’ammissibilità della doppia eterologa, quindi anche nel caso in cui entrambi i componenti della coppia siano sterili e, pertanto, ad essere donati sono entrambi i gameti;
• l’ istituzione di un registro nazionale dei donatori;
• l’inserimento della procedura nei livelli essenziali di assistenza.