Arizona, agonia nel braccio della morte
Joseph Rudolph Wood è morto in seguito ad un’iniezione letale inflittagli nel braccio della morte in Arizona. L’uomo era stato condannato alla pena capitale per aver assassinato, nel 1989, la propria fidanzata e il padre della ragazza.
Il caso è balzato agli onori della cronaca per l’incredibile brutalità con cui si è consumata la condanna. Il detenuto è morto dopo due ore di indicibili sofferenze provocate dalla somministrazione di una combinazione sperimentale di farmaci, il midazolam, un sedativo, e l’idromorfone, un analgesico. L’iniezione è stata eseguita alle 13:52, ma l’uomo è stato dichiarato morto soltanto alle 15:49. Secondo le parole della difesa, l’uomo «ansimava, boccheggiava, e lottava per respirare […]. L’Arizona sembra essersi unita a parecchi altri Stati responsabili di un orrore totalmente evitabile».
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I legali di Wood avevano inizialmente richiesto che venisse rivelato il contenuto del mix, e ottenuto una sospensione, ma la Corte Suprema ha infine sciolto ogni riserva sulle modalità di perfezionamento della condanna. Una voce contraria si è levata da parte del giudice Alex Kozinski, che, in polemica col parere della maggioranza, si è chiesto se non fosse a questo punto il caso di ripristinare la ghigliottina o il plotone d’esecuzione.
Gli avvocati hanno espresso sgomento per la vicenda, e dubbi sulla costituzionalità dell’esecuzione, a parer loro contraria al primo emendamento, che protegge il diritto a ricevere informazioni, e all’ottavo, che vieta le punizioni «crudeli ed inusuali»; tuttavia il governatore dello Stato dell’Arizona, pur avendo predisposto degli accertamenti e dicendosi costernata per la piega che hanno preso gli eventi, ne ha rivendicato appieno la legalità.
«Botched», così è stata definito il lavoro nel braccio della morte. Raffazzonato, mal fatto, pasticciato. L’episodio ha rinfocolato le polemiche innescate dai casi simili verificatesi in Ohio e in Oklahoma, in cui i condannati erano morti dopo una lunga agonia per via di droghe amministrate in modo improprio.
Le esecuzioni già eseguite nel 2014 negli Stati Uniti ammontano a 26; ne sono previste altre 20, a meno che alcune di loro non vengano commutate in ergastolo, come è recentemente accaduto per il detenuto Tommy Waldrip in Georgia (fonte Death Penalty Information Center).
La pena di morte è tuttora in vigore in 32 Stati Americani su 50; l’iniezione letale è praticata dal 1977. Quando i farmaci che venivano inizialmente utilizzati hanno cominciato a scarseggiare, gli Stati sono ricorsi ad altre combinazioni, con esiti spesso devastanti, e hanno opposto il rifiuto di rivelare le loro fonti di rifornimento, per timore che le case farmaceutiche potessero subire delle ritorsioni.
Al momento le condanne in Arizona sono state sospese, ma il dibattito sulla pena di morte sembra lontano da una soluzione.
Twitter: claudia_pulchra