Crisi Ucraina: Renzi va alla guerra

La telefonata intercorsa tra Obama, Hollande, Merkel, Cameron e Renzi ha sancito il via libera alle nuove sanzioni contro la Federazione Russa, una sorta di embargo mirato il cui punto più importante riguarda la fornitura di armi. L’accordo sulle sanzioni è stato sbloccato dalla  Francia cui è stato concesso di portare a termine la consegna delle due portaelicotteri Mistral, già promesse e pagate da Mosca in seguito ad accordi del 2011.

Doppia vittoria per Obama che convince in un colpo solo i due leader recalcitranti Hollande e Renzi, per dare via libera a sanzioni economiche generali e non più mirate a singole personalità russe. Lo storico consigliere strategico di Washinghton  Zbigniew Brzezinski aveva tuonato appena una settimana fa sulla MSNBC contro il governo del nostro paese, considerato troppo tiepido con Mosca. In realtà, Renzi e la Mogherini hanno sempre appoggiato e mantenuto contatti con Kiev e il governo golpista, limitandosi a stemperare in sede europea le pulsioni ultra aggressive e anti-russe della Polonia e delle repubbliche baltiche, prevalentemente per gli interessi energetici in gioco tra l’Italia e la Russia e tra l’ENI e la Gazprom.  Il vento adesso è cambiato e nell’intervista della scorsa settimana rilasciata ad Alan Friedman, Renzi  ha prima affermato di avere le stesse posizioni degli USA e della UE e per poi accusare Putin di ‘non prendere distanza dalle realtà in ucraina vicine al terrorismo’, riferendosi ai partigiani della Novorossia, coloro che in realtà difendono il Donbas dai bombardamenti criminali di Kiev. Rientrato nei ranghi quindi il timido sussulto italiano dettato dai timori sugli idrocarburi,  non dubitiamo che la nuova posizione frutti al Governo un via libera sulla candidatura Mogherini ad Alto Commissario, un ruolo prestigioso ma difficilmente barattabile con l’interesse strategico nazionale, soprattutto nel momento in cui l’altro nostro grande fornitore di gas e petrolio, la Libia, vede dimezzare la propria produzione a causa dell’ennesimo riesplodere della guerra civile.

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Il commento di Putin alle sanzioni è stato immediato e nel tipico stile spavaldo dello zar: ‘Siamo completamente autosufficienti riguardo alla produzione bellica, possiamo produrre da soli letteralemente di tutto. Le sanzioni saranno l’occasione per focalizzare l’industria nazionale in queisettori dove di solito preferiamo acquistare dall’estero’, come dire, se si va verso un’economia di guerra, la Russia è pronta ad affrontarla. La pressione USA su Mosca non si ferma però qui, arriva da Washinghton  anche l’accusa verso la Russia di aver testato un missile di lunghissimo raggio, fino ed oltre i 5000 km, violando i trattati.

Se l’occidente fa scudo intorno a Kiev, il governo ucraino vive  la propria travagliata esperienza golpista tra scossoni ormai quotidiani. Il Presidente del Consiglio Yatesniuk, ha rassegnato le dimissioni a causa delle tensioni interne alla propria maggioranza, ci saranno elezioni in ottobre. Le continue perdite subite nel Donbass e lo stallo negli assedi di Lughansk e Donetsk, dove prima della tragedia dell’MH17 l’esercito di Kiev stava per essere ricacciato indietro, hanno portato a una campagna di arruolamenti che sta destando forte malcontento in diverse aree del paese. Secondo fonti dei ribelli le perdite ucraine sarebbero dieci volte superiori a quelle dichiarate, per certo il fattore tempo è fondamentale per Kiev, in quanto i prestiti dell’FMI restano vincolati al controllo dell’intero territorio nazionale, mentre l’Ucraina viaggia dritta verso la bancarotta e un freddissimo autunno, privo delle forniture di gas russo. Negli ultimi giorni i bombardamenti si sono intensificati su Donetsk e sulle altre città controllate dai ribelli, incluso il sito dove si è schiantato l’MH17 della Malaysia Airlines, oggi irraggiungibile dagli esperti olandesi e australiani  bloccati a  Donetsk proprio a causa dell’offensiva ucraina.

Sempre sul fronte interno il governo di Kiev si comporta esattamente come ci si aspetta da una junta fascista, soltanto questa settimana la rappresentanza parlamentare del Partito Comunista Ucraino è stata sciolta d’imperio e se ne pianifica la messa fuori legge. La sede dei comunisti a Kiev era già stta devastata e occupata dagli estremisti di  C-14 (ala attivista di Svoboda)  durante le proteste di Majdan, provocazioni e persecuzioni culminate  in questi giorni con l’episodio di  Glinky in cui un esponente locale del partito è stato torturato e ucciso  dalla Guardia Nazionale. Gli appelli di sconcerto e solidarietà dai piccoli partiti comunisti europei non raggiungono i grandi media, i quali si ostinano a negare che il nazifascismo sia tornato in Europa o dovrebbe ammettere che a portarcelo siano stati il Nobel per la Pace e la nobile costruzione Europea, faro di democrazia.

Intanto, sui social network viaggiano le immagini orribili delle madri e dei bambini del Donbas massacrati in una terra martoriata ed è ufficiale, fonte CNN, che Kiev abbia iniziato ad usare contro i territori dell’Est (che definisce ucraini) missili balistici a corto raggio, SS-21 e Frog-7. Basterà attendere qualche giorno, poi alla prossima strage di civili verranno a spiegarci che si tratta di testate chirurgiche portatrici di pace e democrazia.

di Daniele Trovato

Twitter: @aramcheck76

Two FROG-7

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