Berlusconi assolto: il ribaltone giuridico
Il Rubygate è game over. I giudici della seconda Corte d’Appello di Milano hanno assolto Papi Berlusconi per i reati di concussione (“il fatto non sussiste”) e prostituzione minorile (“il fatto non costituisce reato”). Forti le reazioni della stampa, il Fatto Quotidiano si veste a lutto e convoca subito uno speciale per lanciare l’emergenza.
Grande festa alle corti di Libero e il Giornale con tanto di brindisi per Sallusti e Belpietro (con i rispettivi titoli: “Assolto. Chi paga?” e “La puttanata è il processo”) mentre Giuliano Ferrara (direttore del Foglio) probabilmente festeggerà con la solita striscia di coca come aveva fatto per le europee. Dalla sua il mondo politico non si risparmia, soprattutto il centrodestra che ebbro di gioia si dichiara fedele al padre fondatore ma soprattutto: Si dichiara. La rete impazza di comunicati, auguri, tweet di felicità a destra e manca, da Minzolini a Biancofiore e pare che anche Dudù abbia acquistato per l’occasione il dono del verbo. Persino Gaetano Qugliariello (NCD) parla di “sentenza storica” mentre il figliol prodigo Agelino si limita a “Grande soddisfazione e compiacimento” dipingendosi, con quell’aria da poltronista pentito, come colui che cercò di evitare il “suicidio politico” in tempi duri (un gesto di umanità!). Di “Grande commozione” si circonda invece lui, l’imputato, il Caimano che in onore alla Corte d’Appello di Milano riabilita la magistratura da “Cancro della democrazia” ad “ammirevole” e degna di rispetto. Il verdetto è comunque chiaro: Silvio Berlusconi, piaccia o no, è assolto. Attorno al reato di concussione ruotava l’impianto accusatorio che aveva portato alla condanna a 7 anni in primo grado. Il reato descritto dall’art. 317 del codice penale recitava ai tempi della condanna: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.” La memoria ci riporta quindi a quel famoso 27 maggio 2010, quando l’ormai celebre Ruby Rubacuori in stato di fermo con l’accusa di furto venne rilasciata grazie alla telefonata “della nipote di Mubarack” con cui Silvio Berlusconi avrebbe fatto pressioni sul Capo di Gabinetto Pietro Ostuni e di riflesso sul funzionario Giorgia Infrate, al punto che la giovane venne affidata alle cure di Nicole Minetti all’epoca consigliere regionale. Strane coincidenze e circostanze che per chi non frequenta “Cene eleganti”, sappiamo bene, non si verificherebbero. Tuttavia aldilà dei giudizi morali, è bene prendere in considerazione il nostro art. 317 modificato, guarda caso, dalla legge 6 novembre del 2012 (Legge Severino) e che a tutt’oggi recita: “Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni.” Si noti come scompare l’elemento dell’induzione che aveva portato alla condanna, in quanto questa fattispecie diventa un reato minore descritto dall’art 319. Una riforma che spacchetta la concussione rendendola di fatto applicabile solo ai casi in cui chi costringe (concussore), promette un vantaggio a chi è costretto (concusso). Se, perciò, qualcosa si è capovolto questo non è il verdetto dei magistrati, bensì la legge applicabile in mano a quest’ultimi. Un ribaltone giuridico che secondo molti avrebbe avuto un prezzo: l’assoluzione in cambio dell’introduzione nella “Severino” dell’incandidabilità. Smantellato il pilastro dell’impianto accusatorio, il reato di prostituzione minorile si ridimensiona verso quello che è sempre stato: un fatto insussistente e quindi ecco l’assoluzione. D’altronde non è dato dimostrare se tra Karima El Mahroug (Ruby) e Berlusconi vi siano stati rapporti sessuali, né se lui fosse al corrente dell’età effettiva della ragazza marocchina.
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Se ci troviamo di fronte ad una legge ad castam a tutela dei soliti noti, sarà la storia a deciderlo. Se la legge Severino poggi le sue radici su un accordo di natura pattizia (“un po’ a me un po’ a te”), sarà sempre l’intelligenza dei cittadini a stabilirlo ed eventualmente condannarlo. E’ comunque utile alla storia e alla memoria degli italiani ricordare quell’affermazione di Berlusconi al Parlamento europeo, quando persino indignato dichiarò: “Adesso basta, questa storia delle leggi ad personam è falsa. Me ne sono fatte solo tre”. A voi il giudizio.
Fonti: IlFattoQuotidiano, il Messaggero