Il paradosso del diritto alla sicurezza

Newtown, Aurora, Tucson, Santa Barbara e Troutdale. Queste alcune delle località assurte tristemente agli onori della cronaca negli ultimi anni per episodi di violenza da armi da fuoco.

La Casa Bianca ha di recente dichiarato, piuttosto salomonicamente, di riconoscere il diritto a «portare armi» tutelato dal secondo emendamento, ma di voler intraprendere delle «iniziative di buon senso comune» per prevenire tragedie simili alla strage della Sandy Hook, la scuola elementare dove Adam Lanza, un ragazzo di vent’anni, uccise ventisette persone, tra cui molti bambini, per poi commettere suicidio.
Secondo fonti ufficiali, la maggior parte dei possessori d’arma sembrerebbe osservare la legge; la questione è se una norma che risale al periodo dell’occupazione britannica non debba considerarsi, quantomeno nella dizione del secondo emendamento, obsoleta. E come si concili tale norma col concetto di Stato moderno, caratterizzato, tra le altre cose, dall’esercizio esclusivo dell’uso della forza.

Chi desidera davvero porre un limite al possesso di armi? Si tratta di un argomento che divide moltissimo l’opinione pubblica, talmente compromettente da non essere al centro del dibattito di nessuna campagna elettorale. A fronte delle centinaia di migliaia di Americani che firmano petizioni per controlli più stringenti, un largo margine della popolazione preferirebbe che la Costituzione non venisse modificata.

Dopo la sparatoria del 2012 nel Connecticut, era stato annunciato un piano concreto condotto dal vice Presidente Joe Biden per ridurre la violenza causata dalle armi da fuoco. Tra le misure più importanti un accurato controllo della storia personale – inclusi precedenti penali e malattie mentali – di chiunque intenda procurarsi un’arma. I rivenditori con licenza federale hanno l’obbligo di effettuare delle indagini sui propri acquirenti, ma, sempre secondo la Casa Bianca, le statistiche recenti rivelano che il 40% delle vendite avviene presso privati esonerati da tale onere.
Tra coloro che si sono spesi a favore di un rafforzamento dei controlli, l’ex Sindaco di New York Michael Bloomberg, che ha finanziato una campagna per fronteggiare la potente lobby dell’NRA. La National Rifle Association è l’organizzazione che tutela il diritto al possesso di un’arma ed esercita un peso considerevole nel finanziamento delle elezioni.
Perché, dopo il massacro di Newtown, la riforma sulle armi, se pur per pochi voti, non passò al Senato? Il timore è che tanti rappresentanti del Congresso abbiano votato confidando di non alienarsi il consenso il quegli Stati laddove, nonostante tutto, si difende il diritto alle armi da fuoco così com’è.
Il ruolo che gioca l’opinione pubblica in questa partita parrebbe essere fondamentale, come ammesso dallo stesso Obama, che auspica un mutamento d’opinione per smuovere quei membri del Congresso «terrorizzati dall’NRA». 

@claudia_pulchra

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