Riforma del Senato: il rush finale

In dirittura d’arrivo la riforma del Senato. Dopo la querelle degli ultimi giorni e i dissidi in seno al Partito Democratico che hanno portato alla sostituzione Mineo e all’autosospensione di 14 senatori democratici, le trattative sul ddl Renzi-Boschi sembrano ad un passo dall’essere concluse.

L’ipotesi infatti più accreditata è che il testo della legge costituzionale dovrebbe essere sottoposto al vaglio del Parlamento entro il 3 luglio.

 

Resta ancora da capire cosa effettivamente prevederà questo ritinteggio di Palazzo Madama. Dagli emendamenti messi a punto dai relatori Calderoli e Finocchiaro -scrive La Repubblica – emergerebbero delle modifiche al testo base governativo, si parla infatti di estensione delle competenze in fatto di legislazione regionale ed europea, in materia elettorale, costituzionale e con funzioni elettive del CSM, del Capo dello Stato e della Corte costituzionale. Laddove aumentano le competenze, tuttavia, diminuisce la presenza dei sindaci che da un terzo passeranno ad essere un quarto della Camera delle Autonomie mentre i restanti tre quarti si comporranno dei rappresentanti delle Regioni con il revival dei senatori nominati dal Presidente della Repubblica, che dai 21 nel testo originario, pare scenderanno a 5 scelti tra esponenti della società civile, con mandato settennale, e che sommati agli attuali senatori a vita raggiungono quota 10 membri a piacere del Quirinale. Tuttavia pare che in questi 5 neo-membri rientrino gli attuali senatori a vita, da qui resta da capire se, data la durata ad tempus del mandato, il sanatoriato a vita scomparirà del tutto o se rimarrà vigente realizzandosi in una somma. Questione ancora aperta resta, ciò nonostante, la rappresentatività del nuovo Senato mal tutelata dalle leggi regionali e tra le soluzioni proposte la più percorribile risulterebbe quella avanzata dal senatore Calderoli: “I consiglieri regionali avranno una scheda con un numero di opzioni inferiore da quello dei senatori da mandare a Roma” (scrive il fattoquotidiano.it). Sembra dunque che il nodo cruciale della riforma ovvero la non elettività dei nuovi senatori tenga duro, è lo stesso Delrio (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) a lasciarlo intendere: “L’elezione indiretta serve per avere istituzioni leggere, che non si appesantiscono. E’ stato fatto un grande lavoro in queste settimane, si sta trovando un equilibrio su una semplificazione estrema”. Anche se non dello stesso avviso si dichiara Renato Brunetta: ” Io vedo ancora tensioni tra maggioranza e opposizione e soprattutto dentro la maggioranza e il Partito democratico.” Il problema della non elettività dei nuovi senatori rende infatti perplesse le opposizioni nel timore che generi un gap di rappresentatività nel nuovo organo. In questo senso anche l’apertura del M5S alle riforme (che per ora concerne solo la legge elettorale) potrebbe risultare determinante per un evoluzione del ddl. In attesa di capire se i 5 stelle smuoveranno le acque di quel “patto del Nazareno” che sembra ormai assodato, interessante è il punto di vista del l’ex premier Silvio Berlusconi che reduce da una sconfitta elettorale rivendica la sua posizione di interlocutore primario e responsabile, rilanciando il tema del presidenzialismo che da un lato pone con forza ma dall’altro ritrae timidamente garantendo comunque l’appoggio di Forza Italia, senza troppi pressing sul Governo.

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Una riforma, dunque, che giunge al rush finale ma di cui non mancano i lati oscuri, d’altra parte non  è un caso che il PD egemone nelle principali Regioni e nei principali Comuni italiani si ritagli una Camera completamente a composizione territoriale e di seconda elezione. Tra l’altro sarebbe da chiedersi che tipo di definizione attribuisce Graziano Delrio alla locutio “istituzioni leggere“, se si pensa che ad esempio il sindaco di Palermo non solo si dovrà occupare di amministrare bene il proprio Comune ma anche del suo neo-ruolo di senatore; senza contare che la nuova Camera non avrà una legislatura propria ma in coincidenza con il mandato dei singoli organi istituzionali coinvolti, trasformando il Transatlantico in un via vai di sindaci e rappresentati regionali, oscillante e di dubbia composizione. A volte addirittura vien voglia quasi di pensarla come Brunetta: “I problemi che abbiamo oggi non dipendono dal bicameralismo […] il bicameralismo spesso salva situazioni pericolose” cosa che nel povero cittadino genera non pochi scompensi.

Fonte: La Repubblica, Il FattoQuotidiano.it, ANSA

Twitter: @FedericaGubinel

 

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