News – Eva Longoria tra cinema e impegno umanitario

TAORMINA – Piccola, bella, battagliera. Eva Longoria non ha niente della casalinga disperata. Lei, oggi, le casalinghe disperate le aiuta – ma quelle vere, non quelle superglamour della serie tv che l’ha resa popolare in tutto il mondo.

L’attrice è al TaorminaFilmFest per ricevere il Premio Cariddi per l’impegno umanitario, in qualità di fondatrice della Eva Longoria Foundation, in prima linea nella difesa del diritto all’istruzione per le giovani latine negli Usa. Look aggressivo, tubino in pelle nera, sandali con tacco stiletto, al polso un un serpente di strass. Origini messicane, 39 anni compiuti a marzo, è spiritosa («ho sviluppato l’ironia come arma di difesa perché da piccola ero bruttissima») e fra una battuta e l’altra spiega pure come si prepara una “tortilla soup”.

 

Desperate Housewives, con il personaggio di Gabrielle, «ha cambiato la mia vita in modo radicale, non sarei mai diventata così popolare e ora non potrei raggiungere così tante persone». Ricorda la solidarietà femminile sul set («con le altre attrici siamo rimaste amiche») e bolla come sessisti i pettegolezzi sulla presunta rivalità fra primedonne, «perché non se ne parla mai quando il cast è tutto di uomini?». Le donne sono al centro della sua vita, pubblica e privata […] «Alle radici di ogni cultura ci sono donne forti, sono il centro della vita, mandano avanti tutto» […].

Non ci sono solo donne forti, anche donne vittime, anche oggi i quotidiani ne sono pieni. «Non è un problema solo italiano. La violenza contro le donne – osserva l’attrice – è un fenomeno diffuso in tutto il mondo, diventiamo sempre più indipendenti e consapevoli, vogliamo uscire dalle gabbie sociali ma è un desiderio che paghiamo caro. Guardate la Nigeria: quelle ragazze sono state rapite perché andavano a scuola, volevano crescere. Ovunque c’è una pressione forte contro l’emancipazione femminile, dobbiamo sostenerci a vicenda attraverso le associazioni, ma pure i governi devono favorire il cambiamento sostenibile. Il settore privato, come le attività delle charities, serve, ma c’è bisogno del settore pubblico. La mia fondazione aiuta coloro che cadono nelle pieghe della società, e la chiave è l’istruzione» […] (fonte Repubblica).

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