Emergenza immigrazione, è notizia?

Come uno slogan pubblicitario per rilanciare un prodotto poco fresco e troppo costoso, ecco arrivare i nuovi buoni propositi del piano straordinario per gestire l’emergenza immigrazione: nome in verità del tutto improprio per indicare una criticità procrastinata negli anni e ormai consolidata.

Un’ usanza tipicamente italiana quella di battezzare con titoli clamorosi eventi che al contrario hanno perso qualsiasi portata innovativa. Un piano, d’altra parte, che di straordinario ha ben poco, ritornando sui passi di una situazione ormai banalmente cronicizzata. <<L’attuale situazione di emergenza deve essere affrontata con una pianificazione che coinvolga tutti gli organi dello Stato e non i soli territori coinvolti, a cominciare dalla Sicilia>>, ha spiegato il presidente dell’ ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani – Piero Fassino, che la scorsa settimana ha incontrato al Viminale il ministro Alfano. Da questo presupposto sono partiti gli accordi raggiunti successivamente nell’ambito del successivo incontro sull’emergenza immigrazione fortemente voluto dal presidente dell’ ANCI Sicilia Leoluca Orlando, cui hanno preso parte oltre ai vertici ministeriali, anche i prefetti e questori dell’isola, nonché la Commissaria straordinaria di Augusta e numerosi sindaci locali. Dovrà intensificarsi la collaborazione fra Interno ed enti locali: unanime la richiesta di incrementare il numero di commissioni di esame per i richiedenti asilo – ne verranno istituite circa 50 – , al fine di velocizzare l’ingranaggio che dalle pratiche di riconoscimento prese in carico dal Viminale, porterà allo smistamento dei migranti verso le varie realtà regionali. E’ prevista in questo senso un’ intesa con Ministero dell’ Economia e delle Finanze, per escogitare misure compensative da destinare ai Comuni maggiormente coinvolti.

Analizzare e progettare l’ingranaggio dell’accoglienza, a partire da segmenti regionali e comunali è senza dubbio un punto di partenza vincente: il vero problema è che, da anni ed anni oramai, esso costituisca anche l’unico punto di arrivo. Nessun passo in avanti e niente di straordinario ed innovativo dunque, perché i principi di collaborazione e condivisione di responsabilità ribaditi in sede dell’ennesima conferenza fra Stato e Regioni, non sono altro che quelli già presenti alla base del sistema SPRAR – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati – il cui protocollo di intesa fu siglato per la prima volta nel lontano 2001, proprio dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’ Interno, l’ ANCI e l’ UNHCR – Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. La questione in ballo, nuovamente, non è altro che il potenziamento del suddetto sistema SPRAR, per il quale è previsto, questa volta, un incremento di 7mila posti. Ma a ben poco serve aggiungere nuovi anelli a questa fragile catena, se non vengono almeno riparati quelli difettosi.
Al Sud intanto, sono stati annunciati due nuovi grandi Hub di accoglienza, uno dei quali dedicato ai minori. Almeno la solita corsa all’ appalto e magari anche una nuova occasione di guadagno per la criminalità organizzata sono garantite. Altrimenti, perché continuare a costruire megacentri di smistamento dove hanno già fallito? Non si parlava piuttosto – era appena lo scorso Dicembre , quando il famoso video di Lampedusa fece inorridire tutti – , di ridurre l’impatto sociale sul territorio e controllare le speculazioni?
In compenso solo una settimana fa, presso il CARA di Castelnuovo di Porto – uno dei più grandi centri di prima accoglienza d’Italia, è stata repressa violentemente dalle forze di Polizia una rivolta dei migranti e delle associazioni antirazziste contro l’ente gestore, la cooperativa Auxilium, accusata da tempo di intascare grandi rimborsi a fronte di numerose negligenze gestionali e pessimi servizi erogati. Vogliamo davvero continuare a chiamare emergenza questo dejavù a lunga conservazione?

Twitter: @AriannaFraccon

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