Mafia e caporalato nell’attività agricola italiana
A quanto pare la vicenda dei sikh dell’Agro Pontino, ridotti a lavorare nei campi come dei veri e propri schiavi, non è assolutamente un caso isolato. E lo dimostra l’uscita del secondo Rapporto Agromafie e Caporalato, presentato nella giornata di martedì 3 giugno presso la sede Cgil di Roma.
Si parla di un Secondo Rapporto proprio perché, nel dicembre del 2012, la Flai Cgil, ovvero il sindacato dei lavoratori agricoli, aveva già stilato un testo denunciante la triste realtà nella quale versa l’attività dell’industria agricola in Italia. Una realtà fatta di sfruttamento lavorativo, di abuso di potere, contraffazione di prodotti alimentari e quant’altro: tutti elementi che convergono in un ben organizzato macrosistema fatto di caporalato e di infiltrazioni mafiose che governa l’attività agricola italiana. Quando si parla di mafia è, molto spesso, automatico abbinare il fenomeno al sud d’Italia; entrambi i rapporti stilati dalla Flai Cgil però testimoniano quanto la mafia del bracciantato coinvolga l’intera penisola italiana. Alcune cifre possono aiutare a trarre questa conclusione: se, infatti, il primo testo di fine 2012 rilevava come 14 Regioni e 65 province fossero colpite dalle infiltrazioni della malavita nelle aziende agricole, quello appena presentato invece ne denuncia rispettivamente 18 e 99. Di fronte a questi numeri è infatti impossibile circoscrivere il fenomeno al Meridione. Ma cosa rivela, in maniera più dettagliata, questo rapporto?
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Il testo ha cercato di mostrare, il più precisamente possibile, in cosa consiste il fenomeno dell’illegalità nell’agricoltura e quanti ambiti questo tocchi. Si parte dunque dal caporalato, ovvero l’intermediazione illecita di figure esterne all’impresa agricola le quali, per conto degli imprenditori, forniscono manodopera per la maggior parte straniera. Nel 60% dei casi questa non ha accesso a servizi igienici e all’acqua corrente e percepisce un salario inferiore al 50% di quello previsto dai contratti di lavoro nazionali. A questo proposito sono riportati tre casi di studio in loco, ovvero in Piemonte, nel Lazio e in Puglia. Viene poi tracciata la mappa dei luoghi toccati dal fenomeno e, infine, vengono riportate eloquenti cifre abbinate al problema dell’illegalità. Per citarne alcune si può dire che illegalità e infiltrazione peserebbero allo Stato 12,5 miliardi di euro. Per quanto riguarda invece gli arresti e denunce, seguiti all’introduzione del caporalato come delitto penale nel 2011, ce ne sono stati 355; di sequestri e confische dei terreni appartenenti alle mafie si parla invece di 2,245 terreni destinati all’agricoltura, 362 con fabbricati rurali e 269 terreni edificabili. La stesura di questo testo è stata possibile grazie al coraggio dei lavoratori, e al supporto dei loro sindacati, che hanno denunciato i loro sfruttatori.
Fonti: Agromafie e caporalato