Il lato destro dell’Italia razzista
Se prima erano in pochi a conoscere gli estremisti greci di Alba Dorata, o i radicali dell’ungherese Jobbik, oggi i risultati concreti delle elezioni disegnano un’ Europa dove sentimenti ultra nazionalisti e propositi razzisti sono schierati e pronti a tramutarsi in azione e raccogliere consensi.
E mentre l’eterogenea situazione europea genera preoccupazione, l’ Italia non è immune dal nostalgico contagio. All’indomani dei risultati delle elezioni per il Parlamento Europeo, Matteo Salvini trova i suoi 5 minuti di gloria lasciandosi immortalare sulle pagine di tutti i quotidiani nazionali ed internazionali al fianco di Marine Le Pen. La leader del Front National raccoglie infatti le forze per creare un gruppo di estrema destra in Parlamento: al suo fianco si siedono per ora il leader della Lega Nord, Geert Wilders per il Partito per la Liberta olandese, i liberalnazionalisti austriaci e il Vlaams belang fiammigo. Paura e risentimento sono gli indici di gradimento pre e post elettorali. Così, appena una settimana fa, la prefettura di Calais – frontiera francese dello spazio Schengen – sgomberava con la forza due campi che ospitavano oltre 600 persone provenienti da Paesi in guerra, senza proposte alternative. Proprio mentre Salvini dichiarava: <<Cercheremo di ostacolare ogni nuovo progresso della Ue e bloccheremo ogni tentativo di maggiore integrazione europea>>.
I tratti dell’incontro fra Beppe Grillo ed il britannico euroscettico Neil Farage appaiono invece ancora confusi, persi nel rituale teatrino dei Social Network. Fra le molte accuse infondate, risalta qualche dichiarazione programmatica: l’UKIP è a favore di una forte stretta dei flussi, persino nei confronti dei cittadini europei; M5S chiede un asse politico tra i Paesi del Sud dell’Unione europea per fronteggiare i flussi migratori, mentre Grillo dichiara che <<ci vuole poco cuore e più cervello>>. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che questa Europa, fortezza inviolabile, e questo mondo che le bussa alla porta, sono fatti però di esseri umani.
E proprio quando il cuore della collettività è sepolto sotto gli strati avvilenti di una squallida caccia allo straniero, il cervello perde il senso del limite. E’ noto a tutti come la vicenda dei bambini arrivati dal Congo per ricongiungersi finalmente con le famiglie italiane adottive abbia destato enorme clamore. Ciò che ha catturato l’attenzione e le critiche dell’elettorato e della stampa, suscitando sdegno e fastidio, è stato il presunto caso mediatico con ritorno di immagine a scopo propagandistico, architettato dal Governo Renzi. Si è parlato di speculazione sulla pelle dei bambini, nonché di squallida messa in scena post elettorale.
Quello di cui non si è parlato però, sono le decine e decine di commenti razzisti piovuti sul web in calce ai numerosi articoli che raccontavano la vicenda. Non si è parlato e non si parla tuttora dell’ Italia in carne ed ossa, dove l’ euro-scettiscismo xenofobo e il razzismo rabbioso che non si ferma neanche davanti ai bambini, sono i nuovi volti dell’estrema destra che raccoglie voti.
Il politologo Matthew Goodwin, docente presso l’università di Nottingham, ha recentemente fotografato la situazione che in Inghilterra ha portato alla vittoria dell’ UKIP in un’analisi che trova interessanti riscontri sulla scena politica italiana. Se prima eravamo abituati a pensare che a sostenere una politica di impronta nettamente nazionalista e xenofoba fossero i voti dei soliti conservatori, oggi si assiste ad un ampliamento di questo elettorato nella fascia della working class, dove il lavoratore medio, in un clima di austerity, si allontana dai partiti tradizionalmente sostenuti, dai quali non si sente più rappresentato. Vince l’ignoranza, la paura, l’identificazione nel fenomeno migratorio della causa della perdita di uno status sociale di benessere. Vincono personaggi come Mauro Borghezio, rieletto con 5.800 preferenze al Parlamento Europeo dopo una contestatissima campagna elettorale, e nonostante la procura di Milano ne abbia chiesto il rinvio a giudizio per <<diffusione di idee fondate sull’odio razziale>>. Come può una simile prospettiva nazionale ed internazionale, basata su chiusura, involuzione e violenza, portare crescita e rinnovamento?
Le chiamano <<sfide strutturali>>, ai piani alti della commissione per l’ immigrazione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Significa che la struttura, così come è, non funziona. Secondo l’ultimo rapporto stilato l’altroieri da Strasburgo, l’Italia deve dotarsi di un’adeguata rete di centri di accoglienza e di un sistema appropriato per identificare i migranti e per controllarne i movimenti. Ma anche l’Unione europea deve fare la sua parte, ridefinendo le sue politiche e regole, specie quella di Dublino II, e sostenerle con risorse finanziarie e operative adeguate. A questo punto, secondo quanto riportato dall’ ANSA, l’ Assemblea ritiene che si dovrebbe rispondere positivamente alla proposta fatta da Angelino Alfano di costruire campi per i richiedenti asilo nei Paesi del Nord Africa. Peccato che il Ministro dell’ Interno non abbia inventato nulla di nuovo: i campi profughi esistono sulla terra da quando esistono le guerre, e nella quasi totalità dei casi, pur nascendo come soluzioni temporanee, diventano realtà permanenti; luoghi sovraffollati ed affamati, affatto esenti da incursioni e violenze, dove è l’esclusione a dettare le condizioni di vita. La lungimirante soluzione italiana sembra quindi essere quella di delocalizzare persino l’emarginazione. D’altronde, storicamente, barriere, muri e recinti non risolvono certo i problemi, ma pur aggravandoli, hanno senza dubbio il merito di tenerli lontani dagli occhi di chi non vuole vedere.
Twitter: @AriannaFraccon