Siria al voto, la democrazia simulata
Si allestiscono i seggi, ci si reca alle urne, ma quella messa in piedi in Siria è solo una parodia scimmiottata della democrazia. Non c’è attesa tra la gente, la riconferma del regime di Bashar al Assad è dato certo, che sovrasta una voce degli oppositori preventivamente resa flebile e lontana.
Il 3 giungo è la data indicata dal presidente Bashar al Assad per legittimare con il voto il suo governo, che giunge così al terzo mandato e si riconferma per altri sette anni. Senza meriti e prima dell’età minima di trentacinque anni, Bashar aveva raccolto il testimone del presidente suo padre Hafiz al Assad, lasciando che il suo cognome marchiasse a fuoco la terra siriana. Questa è la prima volta da decenni che sulle schede elettorali compaiono i nomi di altri candidati oltre a quelli della famiglia Assad ma la pluralità e puramente formale, i nomi degli altri candidati, Maher Abdul-Hafiz Hajjar e Hassan bin Abdullah al Nouri, sono sconosciuti alle masse e non rappresentano un pericolo. Tutto ciò che i siriani conoscono è Basshar al Assad e le fazioni sono “con lui” o “contro di lui”. Tuttavia neanche questa semplice scelta binaria è concessa in questa «parodia della democrazia», come l’ha definita l’opposizione siriana, infatti è stato possibile votare solo nelle regioni “lealiste”, cioè quelle controllate dal regime, mentre le regioni in mano ai ribelli sono rimaste prive di seggi. {ads1}
Si è votato dalle ore 7.00 (le 6:00 italiane) fino alle 19:00. L’afflusso è stato massiccio, il ministero dell’interno parla di 15,8 milioni di elettori dentro e fuori il territorio nazionale. A Damasco si va a votare passando tra i posti di blocco, galleggiando in un’aria tesa e controllata, che niente sa della libertà e della partecipazione che contraddistinguono le democrazie reali. La paura guida la mano e la voce degli elettori. La televisione di Stato siriana ha mandato in onda le interviste post voto e tutti gli elettori dichiaravano di aver votato Assad. Addirittura qualcuno l’ha scritto con il sangue. Il diciottenne Odai al Jamounai ha raccontato di aver votato Bashar al Assad pungendosi le dita con uno spillo, messo a disposizione degli elettori in un seggio di Damasco, per esprimere l’amore per il suo paese e il suo leader. E come lui molti altri si sono punti più volte il dito per avere abbastanza sangue per tracciare un cerchio introno al nome di Assad.
La tv di Stato ha mostrato il presidente Assad che in mattinata si è recato alle urne nel centro di Damasco insieme a sua moglie Asma. In abito blu lui, con i tacchi alti lei come se tutt’intorno non ci fosse la guerra civile, come se la città di Homs, appena riconquistata dal governo, non fosse un cumulo di macerie. Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ha dichiarato che le presidenziali organizzate in Siria «non rispettano gli standard internazionali» e che «nessuno riconoscerà queste cosiddette elezioni».