Ucraina, prosegue la crisi in attesa delle prossime elezioni
Il referendum secessionista promosso dai separatisti filorussi nelle regioni di Donetsk e Lugansk si è concluso con un plebiscito: come reso noto da Roman Luaghin, Presidente della commissione elettorale, sul 74,87% della popolazione votante, l’89,07% si è pronunciato a favore dell’indipendenza della “Repubblica Popolare di Donetsk”.
Lo scontro vede antagonisti gli insorti russofili, che perseguono l’indipendenza dall’Ucraina, e i fedelissimi di Kiev.
Immediata la reazione di condanna da parte sia dell’Ucraina che della Comunità Internazionale. Il Presidente ad interim Oleksandr Turcinov ha bollato la consultazione come «una farsa di propaganda senza conseguenze giuridiche» (fonte Ansa), mentre il Giappone ha definito il referendum «ingiustificabile» e contrario al diritto internazionale. Anche gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno contestato la legittimità giuridica della consultazione. Nelle parole di Maja Kocijancic, portavoce della rappresentante per la politica estera europea Catherine Ashton, «coloro che hanno organizzato i referendum non hanno legittimità democratica», mentre la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Jennifer Psaki ne parla come di uno stratagemma per creare «ulteriori divisioni». Il referendum è stato disconosciuto anche da Martin Schaefer, portavoce del ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, che paventa irregolarità nel voto e sottolinea l’assenza di osservatori internazionali. Secondo il nostro Ministro degli Affari Esteri, Federica Mogherini, il referendum è «illegale e illegittimo» e auspica che venga delegittimato anche da Mosca.
Cauto e lapidario, al contrario, il commento dell’ufficio stampa del Cremlino, che sottolinea l’alta affluenza alle urne, sostiene di rispettare la volontà della popolazione dell’Ucraina sudorientale e spera nell’apertura di in un dialogo con Kiev. Ad esporsi maggiormente è il Ministro degli Esteri Russo Serghiei Lavrov, che sostiene che non sia ipotizzabile un’uscita dalla crisi senza un confronto con gli oppositori all’establishment di Kiev.
I primi motivi di attrito sull’esito della consultazione riguardano ora le elezioni presidenziali che si svolgeranno il 25 maggio, di cui la nuova “Repubblica” vorrebbe vietarne lo svolgimento sul proprio territorio . Inoltre sussiste ora il fondato timore che la regione possa seguire le sorti della Crimea – annessa alla Russia dal marzo scorso – che, ufficialmente, solidarizzerebbe con i ribelli filorussi. Il tutto mentre la Repubblica popolare di Lugansk richiede il riconoscimento da parte dell’ONU e Mosca minaccia di chiudere i rifornimenti energetici se l’Ucraina non pagherà le forniture. Secondo le fonti ufficiali Russe, il premier Putin avrebbe ordinato il ritiro delle proprie truppe ai confini dell’Ucraina, ma la presenza del’esercito, sembra, di fatto, ancora molto forte. La partita rimane aperta in attesa delle elezioni di domenica prossima, che le regioni dell’est vorrebbero boicottare e la cui legittimità viene già messa in discussione dal Cremlino.
foto Ansa
Twitter: @claudia_pulchra