Grillo, l’Europa e la morte della Repubblica
«Io sono un comico, chiamato davanti a lei, davanti a milioni di telespettatori, a spiegare cos’è l’Italia, cos’è l’Europa, cosa succede in uno stadio. L’ironia non basta a guardare queste cose, il funerale della Repubblica è stato celebrato quando è stato fischiato l’inno».
Inizia come un monologo la lunga intervista di Sky a Beppe Grillo. Ormai la tv non è più un monstrum da evitare, ma una lunga serie di salotti in cui sedersi – si ventila anche una prossima intervista nel salotto per eccellenza, quello di Vespa – e «spargere il verbo». Le domande, come spesso accade con il leader dei cinque stelle, contano poco. Così, di fronte a «Cos’è l’Europa per Beppe Grillo e cosa deve essere per il MoVimento 5 Stelle?» – domanda non proprio trascurabile per chi promette di rivoluzionare i rapporti con l’Unione Europea – Grillo, con tono da predicatore, ripercorre la sua “discesa in campo“. «Potevo chiudere il cancello della mia villa, dire ai miei figli di lasciare l’Italia, abbiamo i mezzi per farlo. Poi ho visto che anche i figli dei miei amici erano nelle loro condizioni, che il Paese era questo. Allora mi son sentito in dovere di uscire e dire “faccio qualcosa per il mio Paese“. È questo che li ha messi in crisi. Che uno si metta in gioco in politica senza averne un tornaconto economico». Santo Grillo, sceso dal suo eden dorato per la nostra salvezza. Di fronte alla Casta ladra e corrotta, ha lasciato la sua vita tranquilla e si è buttato nell’agone politico. E l’ha fatto per noi, disinteressatamente (vi ricorda qualcuno?). Forse per questo, con tanto livore, torna a scagliarsi contro la campagna di Repubblica sugli introiti del blog. Perché, oltre a De Benedetti, la domanda “ma quanto guadagnano Grillo e Casaleggio con il blog?” se la sono fatta in tanti, soprattutto di fronte ai sempre più evidenti tentativi di reindirizzare gli utenti sul sito e i martellanti «CLAMOROSO, nessuno ne parla!!!! Clicca qui!!!». {ads1} Certo, pensare che Grillo per aiutare il Paese debba sempre farci cliccare il suo sito, che la rivoluzione pentastellata è fatta sotto l’insegna di un marchio registrato – di cui il leader è l’unico proprietario, altro che uno vale uno – e che i comizi siano a pagamento toglie l’aura messianica e sacrificale che aleggia sul guru. Quando l’intervista entra nel vivo, però, Grillo alle domande risponde, e di temi ne tocca tanti. La casta, ovviamente, Napolitano – che deve andare a Cesano Boscone -, Renzie, patologicamente instabile e che «ha dentro un odio moderato». Ma, soprattutto, l’Europa, in vista di queste elezioni che, è sicuro, consacreranno il MoVimento come primo partito del Paese, aprendogli la strada verso Palazzo Chigi: «chiederemo nuove elezioni». Un’Europa che Grillo è sicuro di poter cambiare, ma che deve accettare Eurobond, redistribuzione del debito, eliminazione del Fiscal Compact. Altrimenti, «per uscire dall’euro faremo un referendum, che sia costituzionale o no non ci interessa, lo faremo consultivo. Sarà il popolo [a decidere], raccoglieremo milioni di firme». Il referendum sull’euro è uno dei cavalli di battaglia della campagna pentastellata, evocato a più riprese sin dalle elezioni politiche del 2013. Un referendum che, però, se questi fossero i termini, sarebbe assolutamente inutile. Ma in fondo cos’è la legge se il popolo lo vuole? Il popolo. Onnipresente nei discorsi di Grillo, innocente di fronte alla casta corrotta e depositaria di ogni male.
Ed è proprio al popolo, al suo popolo, che Grillo parla. Perché lo Stato è lontano dai cittadini e, secondo Grillo, l’unico contatto è la lettera di Equitalia. Per questo Grillo ha promosso sul blog una campagna “selfie con la lettera di Equitalia”, promettendo di abolirla e riportandoci ai fasti delle politiche del 2013, quando un altro noto comico italiano prometteva di abolire l’Imu. Ma il leader parla anche degli sbarchi, invocando una politica comune a tutta l’Europa. Bisogna avere stili di accoglienza dignitosi, «poco cuore e molto cervello». Come non essere d’accordo? Peccato che, parlando di immigrazione, Grillo abbia sempre parlato alla pancia di un Paese sempre profondamente xenofobo e razzista, piuttosto che alla testa. E anche stavolta, del resto, il suo «dobbiamo aiutarli nel loro paese d’origine» ricorda più una ripulitura delle ricette leghiste che una ragionata – come vorrebbe Grillo – politica sull’immigrazione.
Intanto, a pochi giorni dallo stop ai sondaggi, il MoVimento 5 Stelle è stimato attorno al 25%. Una Forza Italia in caduta libera, però, potrebbe portare voti non solo ai piccoli partiti di centrodestra e di destra, ma proprio allo stesso Grillo, che deve cercare di intercettarli prima che si facciano conquistare dal «grande mentitore» del Pd Renzi. Se le intenzioni di voto venissero confermate, il MoVimento conquisterebbe oltre venti seggi sui settantatré eletti dall’Italia, un risultato affatto trascurabile. Il dubbio, però, resta: al momento i cinque stelle sono ancora isolati in Europa e, se in Italia non sono riusciti ad «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» con 163 parlamentari, quanto peso potranno avere a Bruxelles?