Berlusconi, viale del tramonto?
I sondaggi lo danno in discesa libera, la sua leadership comincia a scricchiolare e anche i fedelissimi – ora che il naufragio potrebbe essere all’orizzonte – iniziano ad abbandonare la nave. Ma Silvio Berlusconi è (anche) un uomo di spettacolo. E lo spettacolo, si sa, deve continuare.
Approfittando della benevolenza dei giudici, Berlusconi torna all’attacco e tenta, di nuovo, la scalata elettorale. Stavolta, nemmeno lui sembra così convinto di riuscire in un nuovo miracolo, ma sembra deciso a non mollare e a tirare fuori dal cappello tutti i suoi trucchi da imbonitore. Così, tredici anni dopo Una storia italiana, i riflettori tornano sull’uomo di famiglia Berlusconi e sulla vita quotidiana. Si va dai rumors sul «pancino sospetto della Pascale», come titola «L’Unità» (l’avesse saputo Gramsci), alle foto pasquali in famiglia su Instagram che però, invece che mostrarlo giovane e rampante, sembrano immortalarne la stanchezza. Come ogni elezione, poi, non può mancare il tour dei salotti televisivi. L’ex Cavaliere tenta di replicare l’impresa che l’anno scorso l’ha portato a recuperare, aiutato dal Pd che a fare la campagna elettorale nemmeno ci ha provato, dieci punti in un mese. Finora, però, non sembra che riesca a uguagliare i successi del 2013. Anche l’intervista a «Domenica Live» non aveva lo charme delle grandi occasioni. Il repertorio è quello d’ordinanza: la sinistra che ha le tasse come Vangelo, la consulta Rossa, l’attacco a Napolitano. Il piglio, però, non è lo stesso. {ads1} A mancare è la verve di un tempo, quel guizzo che gli ha sempre permesso di recuperare i voti del suo elettorato disperso, conquistandolo e richiamandolo a sè. Anche le promesse non sembrano più le stesse. Se un anno fa millantava l’abolizione dell’Imu, ora l’orizzonte è l’utopia canina e l’obiettivo «trovare un papà e una mamma per i cani che sono in prigione». Potrebbe essere la prima legge ad Dudùm. Per dare l’illusione che nulla sia cambiato, è arrivata anche la terribile gaffe sui tedeschi negazionisti, ma nemmeno le sue affermazioni shock suscitano lo sdegno di un tempo.
È vero, «Berlusconi è finito», l’abbiamo sentito tante, troppe volte. Con sicurezza spavalda i suoi avversari pronosticavano il suo declino e lui immancabilmente risorgeva dalle ceneri come l’Araba Fenice – sempre, va detto, aiutato dal caritatevole Pd. Stavolta, però, c’è un elemento che, se non indica necessariamente un crollo imminente, segna una fase nuova: il disincanto dei fedelissimi. I fuorionda tra Toti e la Gelmini, le dichiarazioni di Rotondi, la penna di Bondi che scrive lettere d’abbandono ed elogi a Renzi invece che poesie.
Per questo la frecciatina sulla sovraesposizione mediatica di Renzi (a cui, saggiamente, ha impedito di raggranellare voti in casa sua, sulla passerella di Amici) e quel «un cero se arriviamo al 20%» rivelano, forse, la preoccupazione più grande: che a batterlo alle urne non sia un centrosinistra debole e traballante ma un leader estremamente somigliante ad una sua versione più giovane e agguerrita e i pentastellati di Beppe Grillo, che minacciano di diventare la seconda forza del Paese.