L’Europa e l’onda nera dell’estrema destra

Uno spettro si aggira per l’Europa. Ad agitarsi sul vecchio continente, però, non è lo spettro del comunismo, con buona pace di Marx ed Engels. Anzi. A salire, infatti, è una marea nera che minaccia di travolgere Bruxelles.

Tra meno di un mese, i cittadini dei ventotto paesi dell’Unione Europea eleggeranno i membri del nuovo Parlamento. Il Presidente Napolitano si è detto sicuro sul cammino intrapreso, anche in caso di una vittoria degli euroscettici: «io non credo in un’Europa che torna indietro», ha affermato in un’intervista. Guardando le proiezioni e i risultati elettorali nazionali, però, sembra che un passo indietro l’Europa lo stia facendo, verso quel passato nero di fascismi da cui riemergono, sempre più forti, i partiti di estrema destra. D’impronta dichiaratamente nazionalista contrapposta al progetto europeo che – a loro dire – ha fallito senza appello, le frange più estreme e populiste della destra sono sempre più spesso dichiaratamente xenofobe, neonaziste e antisemite. Cavalcando l’onda dell’antieuropeismo in un momento in cui la fiducia nell’Europa è ai minimi storici (circa il 30% contro il 48% di soli quattro anni fa), sognano la riscossa elettorale, che non è più un lontano miraggio. I risultati del Front National di Marine Le Pen alle amministrative francesi parlavano da soli. A confermare che l’onda nera della destra nazionalista sta montando, però, è arrivato il risultato straordinario dell’ungherese Jobbik, il partito neonazista e antisemita che ha guadagnato il 20,6% dei consensi con cui il Premier Victor Orban sembra aver flirtato più di una volta. Secondo i sondaggi, però, i partiti d’estrema destra si rafforzano in tutta Europa e incombono come uno tsunami su Bruxelles. {ads1} A destra della destra non c’è solo la greca Alba Dorata, al suo primo voto europeo dopo l’exploit nazionale del 2012; anche l’olandese Partij Voor de Vrijheid (Partito della Libertà) e l’austriaco Fpoe di Heinz-Christian Strache macinano consensi. Proprio il leader olandese Geert Wilders ha promosso insieme alla Le Pen “L’Alleanza per la Libertà Europea“, la piattaforma politica dei partiti No-Euro, che dovrebbe accogliere anche gli slovacchi dello Slovenská Národná Strana e i leghisti di Matteo Salvini. Gli alleati olandesi e austriaci, però, sembrano troppo a destra persino per la figlia di Jean-Marie Le Pen, che ha chiesto – inascoltata – di moderare le dichiarazioni xenofobe. Del resto la Le Pen, che i sondaggi danno intorno al 24%, sembra cercare di smarcarsi dall’estrema destra tradizionale, al punto di minacciare azioni legali contro chi si riferisca in questi termini al suo partito.
In Italia, i movimenti di estrema destra non sono ancora arrivati alla ribalta elettorale. Alle elezioni politiche del 2013, i vari partiti hanno raccolto poco più di 400mila voti. La mancata rappresentanza parlamentare, però, non è indice di una minore forza né di uno scarso radicamento. Il movimento dei Forconi, alcuni mesi fa, ha dato visibilità a queste frange estremiste; per ora, poi, sembra che l’alternativa populista del MoVimento 5 Stelle sia in grado di assorbire molti di questi voti. Del resto, su molti punti – valgano per tutti immigrazione, critica al sistema bancario e alla moneta unica – i pentastellati non si schierano apertamente in contrapposizione con i nazionalisti. Sebbene spesso le accuse di fascismo rivolte ai Cinque Stelle siano strumentali, è stato lo stesso Grillo a ribadire che «l’antifascismo è un problema che non mi compete» e che «se un ragazzo di Casa Pound vuole entrare a far parte del Movimento, non vedo problemi oggettivi». Del resto, secondo il leader del M5S, «se non ci fossimo noi ci sarebbe un’Alba Dorata anche in Italia».

Il terreno – estremamente fertile – su cui questi movimenti proliferano non è solo quello della crisi economica e sociale. I principali partiti, a destra e a sinistra, sembrano sempre più incapaci di offrire soluzioni credibili, mentre la sinistra radicale cerca di uscire da un’impasse che l’ha trasformata nell’ombra di se stessa. La disoccupazione, la povertà e le politiche di austerità hanno reso necessari nuovi capi espiatori, straordinariamente somiglianti a quelli di ottanta anni fa. Le vecchie parole d’ordine “Dio, patria, famiglia“, sono declinate nell’anti-europeismo, nella critica al sistema bancario, nell’intolleranza contro i diversi, gli stranieri e gli omosessuali. In alcune piazze ungheresi si torna addirittura a bruciare le bandiere con la Stella di David. E ora tutti sembrano guardare con favore, piuttosto che al vecchio Leviatano Europa, al Cremlino e a Putin e ai suoi vessilli della nazione, dell’identità, della sovranità e della tradizione.

 

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