Madrid di Champions
E’ stata una grandissima soddisfazione quella che si è tolta la capitale iberica: veder disputate un giorno dopo l’altro, sulle due sponde del Manzanarre, entrambe le semifinali di andata della Champions League grazie al Real ed all’Atletico.
Soddisfazione che potrebbe poi riguardare l’intera Spagna se consideriamo che arriva proprio quando, dopo sei anni, l’osannatissimo Barcellona non riesce a raggiungere il traguardo, considerato quasi il minimo sindacale per i catalani: questo a due mesi dai Campionati del Mondo ci dice molto sullo stato di forma del calcio spagnolo. Eh si, se martedì è stato il turno del Vicente Calderòn di ospitare Atletico-Chelsea, ieri è stato il Santiago Bernabeu il teatro di Real-Bayern. Due partite che hanno offerto uno spettacolo ben diverso, tattica e bloccata la prima, aperta e con cambi di gioco rapidissimi la seconda, ma entrambe intense e sofferte come una semi di Champions può essere. Ognuna delle squadre in campo ha dato il meglio di sè nel rispetto delle proprie caratteristiche e la propria filosofia e tenendo presente quello che poi è stato il contesto della gara stessa. La partita del martedì tra Atletico e Chelsea è stata la classica partita dura con poche chanche di gol e non particolarmente chiare che si può risolvere solo con un episodio: un errore o l’invenzione di un grande giocatore. Non essendosi verificato nessuno dei due tipi di eventi la partita è finita con un languido zero a zero. Se Simeone ha fatto della solidità la sua religione, con un classico “buona difesa e attaccare gli spazi”, nella partita con gli inglesi si è ritrovato di fronte un Chelsea che si è presentato a Madrid con tutta l’intenzione di alzare barricate e di alzarle ben solide.{ads1} Il sergente Mourinho ha fatto di necessità virtù: si è presentato infatti a questo delicato e importante appuntamento con mezza squadra in infermeria e altri pezzi importanti (Peter Ceck in primis) li ha persi proprio durante la partita. Certo, i londinesi hanno una panchina lunga ma Mou è fatto così: a lui piace lamentarsi prima dei problemi che ha e poi vincere lo stesso e non presentarsi in campo con sfrontato ottimismo per poi piagnucolare per averci preso le mazzate. Il ritorno è aperto ad ogni tipo di risultato visto che nessuna delle due squadre è obbligata a cercare con urgenza il gol ed entrambe potranno quindi impostare la gara come più piace loro.
Diversissima è stata la gara di ieri: Real e Bayern hanno messo giù una performance pazzesca. Davvero. I tedeschi, costruiti per tenere il possesso palla col loro tiki-taken, incontrano un Real perfetto per il contropiede con i vari Ronaldo, Di Maria (Bale addirittura panchinaro) e compagnia bella capaci di giocare a calcio superando tutti i limiti di velocità grazie alla solidità difensiva di un granitico 4-4-2. Nonostante i repentini e continui cambi di fronte le azioni da gol ci sono state sì ma nemmeno poi tantissime o chiarissime come si potrebbe presupporre, anzi: le due compagini hanno dimostrato una grande organizzazione di gioco e concentrazione individuale che hanno consentito ad entrambe di rischiare poco a dispetto della qualità delle azioni dell’avversario. Il gol con cui i padroni di casa hanno sbloccato il risultato, arrivato dopo nemmeno 20 minuti, non è stato il preludio di una goleada, anzi. D’altro canto il 74% di possesso palla tedesco nel primo tempo ed il 65% nel secondo non hanno assolutamente significato dominio per i bavaresi. Lo spettacolo che hanno offerto ieri Ancellotti e Guardiola è stato quello di due squadre con una filosofia di gioco chiara e coerente che lascia in bocca il sapore di una finale anticipata il cui ritorno, a Monaco sarà forse la partida dell’anno, almeno per quanto riguarda il calcio per club.