Pasolini Roma la mostra al Palazzo delle Esposizioni

Fuggii con mia madre e una valigia e un po’ di gioie che risultarono false“. Era il 28 gennaio del 1950. Pasolini arrivava alla stazione Termini con la madre, dopo essersi lasciato alle spalle la casa friulana di Casarsa, la morte del fratello Guido appena ventenne e una denuncia per atti osceni.

Roma cambia la vita di Pasolini, come Pasolini cambia la vita di Roma. L’incontro con la città, tra odio e amore, anno dopo anno, fotogramma dopo fotogramma, viene indagato con precisione quasi filologica dalla mostra Pasolini Roma, da oggi al Palazzo delle Esposizioni. Nel titolo, il nome di una città che diventa apposizione del grande artista, scrittore, poeta, regista, critico, perfino pittore. Da Rebibbia fino alla casa di Monteverde, dove la madre Susanna cucinava per Elsa Morante e Moravia, Pasolini conobbe il centro e le periferie della capitale in cui diceva di poter “trovare meglio che altrove il modo di vivere ambiguamente […] e nel tempo stesso il modo di essere compiutamente sincero“. Roma diventa il teatro dei suoi film, intrisi dei volti sdentati del popolo di Accattone e Mamma Roma. Attraverso le video-installazioni di Alain Bergala, l’occhio indugia ancora una volta sui passanti della Stazione Termini, sulla fontana di Piazza della Tartaruga, infine sul gelido mare di Ostia.

Poesie, manoscritti e dattiloscritti, video, fotografie, anche quadri per una pinacoteca ideale, raccolti scrupolosamente da Gianni Borgna e dagli altri curatori: oltre a Bergala anche Jordi Balló. Una collaborazione tra Spagna, Francia, Italia e Germania, segno inconfutabile del valore europeo dell’arte di Pasolini. “Abbiamo lavorato all’idea di una mostra non nostalgica, un Pasolini per tutti e non un Pasolini per chi l’ha conosciuto” ha spiegato Balló. Ed è così che l’uomo si svela nei dettagli della sua intimità, nel diario in cui scrive a penna: “Questa notte scopro che è stata commessa nei miei riguardi la più incivile delle indiscrezioni: mio padre venendo a frugare tra le mie carte […] ha rinvenuto questo quaderno e lo ha letto“.

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Sei capitoli per narrare l’impronta indelebile che Pasolini impresse a un secolo, che solo raramente lo ha compreso. Lo testimonia una parete di ritagli di giornali, che ripercorre i circa trenta processi a cui fu sottoposto. In un trafiletto di Paese Sera del 1956, tra le previsioni del tempo e la cronaca nera, si legge ad esempio “Per il romanzo Ragazzi di vita, lo scrittore Pasolini e Garzanti davanti al tribunale di Milano“. Una serie di eventi che lo allontanarono gradualmente dalla società e da Roma. In una famosa intervista a Enzo Biagi, oltre alle profetiche riflessioni sulla televisione, disse: “La parola speranza è cancellata completamente dal mio vocabolario. Continuo a lottare per verità parziali, momento per momento, ora per ora, mese per mese“. Solo un anno prima (1970) aveva acquistato una casa nei pressi di Viterbo alla quale ne era seguita un’altra sulle dune di Sabaudia.

A complicare ulteriormente il quadro, il complesso rapporto con la politica. Al PCI che gli aveva già ritirato la tessera di partito, anche questa esposta, dopo lo scandalo in Friuli, Pasolini non fa mai mancare le sue critiche. “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti,/ io simpatizzavo coi poliziotti!/ Perché i poliziotti sono figli di poveri” sono i versi di commento alle manifestazioni del ’68. Lontano dalla società industriale, l’autore mette mano al suo ultimo lavoro, il romanzo Petrolio, secondo alcuni legato alle vicende della morte, tuttora insolute, mentre è del 1974 l’editoriale per il Corriere della sera in cui denuncia i mandanti delle stragi dei suoi anni: “Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace;“. Un testo tormentato, letto e corretto più volte, come dimostra la penna che insiste sui quattro fogli scritti a macchina.

Durante i funerali, l’amico Alberto Moravia gridava alla folla riunita a Campo dei Fiori: “Qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file. Abbiamo perso prima di tutto un poeta, e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto dentro un secolo. Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno

Twitter @LaviniaMartini_

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